C'era sempre, o quasi. E anche quando non c'era si fingeva ve ne fosse uno. L'ortodossia ideologica, un'idea di società, il ruolo dello Stato, quello del partito, la base sociale, i riferimenti culturali, la collocazione internazionale, le alleanze nazionali... Dalla Rivoluzione francese in poi, ogni frattura o scissione politica è sorta per un preciso motivo. Un motivo «alto», così alto da rendere quasi invisibili le miserie umane, le ambizioni individuali, i conflitti personali.
Fratture e scissioni politiche sono sempre scaturite da una controversia ideale, o da una controversia ideale sono state sempre, per pudore, ammantate. Non è più così. O, almeno, non è così tra i ranghi del movimento più nuovo e potenzialmente rinnovatore del sistema politico italiano.
A distanza di giorni, nessuno, né gli osservatori esterni né i protagonisti interni, saprebbe dire quale sia il motivo politico del conflitto tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo. Non possono essere le bandiere identitarie del Movimento, perché negli ultimi tre anni una dopo l'altra gli attuali contendenti le hanno tutte ammainate. Non possono essere le alleanze, perché negli ultimi tre anni i grillini e Conte si sono alleati con tutti, tranne che con Fratelli d'Italia. Non può essere la partecipazione al governo Draghi, perché, nel caso di Conte con sprezzo del ridicolo, i due belligeranti ribadiscono cieca fiducia nell'attuale premier. Non può essere per la politica filocinese, perché quel che Grillo dice oggi, ieri Conte lo fece. E lo fece da presidente del Consiglio in carica.
Insomma, non c'è nessun motivo «politico» a giustificare la disfida. E infatti sia gli osservatori esterni sia i protagonisti interni ne fanno una questione di potere personale. O, peggio, di vanità. Quella vanità che, ne «La politica come professione», Max Weber individua come il primo «nemico» del politico. «Un nemico assai frequente e ben troppo umano», ma comunque un nemico, perché più d'ogni altro sentimento allontana il politico dalla politica.
Ecco, ci siamo. È, dunque, ufficiale. La politica, ammesso vi fosse in effetti entrata, è ufficialmente uscita dall'orizzonte grillino. Resta solo la vanità. Una vanità che, non avendo nulla in comune con la grandezza d'un ideale politico, si riduce a mero calcolo di convenienza personale.
Perciò è ragionevole ritenere che, non essendoci nulla di alto che li divide, i due finiranno presto per abbassarsi ad un nuovo accordo. Un accordo capace di tutelare almeno per un po' l'interesse personale e di lisciare l'ego di entrambi. Due vuoti, in fondo, possono convivere senza sottrarsi spazio.
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