
Crescono e drammaticamente si sommano i segni che raccontano la crisi del modello Milano. Una città che nell'immediato dopo Expo ha scalato tutte le classifiche, fino ad arrivare a vette che ne hanno evidentemente causato vertigini da capogiro. E che oggi, dopo i terremoti nella sicurezza, nell'urbanistica, nello scempio del ceto medio e nell'accesso reso impossibile a studenti, lavoratori e perfino a ricercatori universitari, si deve interrogare anche sulla salute della sua anima. Magari cominciando a considerare, senza pericolose sottovalutazioni, il fatto che per la prima volta negli ultimi cento anni non ci sarà un milanese nel Conclave che sceglierà il successore di Bergoglio. Uno smacco difficile da mandar giù per la più grande Diocesi d'Europa e che oggi deve accettare lo sfregio di essere guidata da un arcivescovo a cui non è stata concessa la porpora cardinalizia. Considerazione resa ancora più amara dal fatto che il 29 maggio 2022, al termine del Regina Caeli, fu proprio Papa Francesco ad annunciare la creazione a cardinale del vescovo di Como Oscar Cantoni. Quello stesso Francesco che aveva nominato monsignor Mario Delpini successore di Angelo Scola, ma che poi fermò lì la sua carriera. Senza dire che nello scorso Conclave non solo Milano fu rappresentata dal suo arcivescovo che poté votare, ma da uno Scola che entrato cardinale, si diceva sarebbe uscito Papa. E se non successe, non fu per molto.
E così, al di là dei fatti e dei motivi dottrinali e magari anche personali, grave è l'impoverimento spirituale di una città che da tempo è troppo attenta ai caduchi successi terreni e a una corsa al lavoro e al guadagno di denaro da spendere in modi sempre più discutibili e volgari. Una laicizzazione che, religione o meno, la si pensi come si vuole, la sta comunque immiserendo. Costringendola anche a un Conclave da spettatrice.
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