«I primi cristiani dell'impero romano, solitamente, sono raccontati e rappresentati come figure emarginate, costrette a ritirarsi dal mondo e soggette a persecuzione. Tutto ciò è in contrasto col contenuto di questa lettera». Parlano i ricercatori dell'Università di Basilea, e la «lettera» cui fanno riferimento è un papiro risalente al 230 d.C.. Una lettera, sì, un messaggio privato da fratello a fratello: un pezzo di vita inchiodato dalle parole alla carta, come spesso succede con le grandi rivelazioni della Storia.
Siamo in Egitto, e prima che l'impero Romano, per mano di Costantino, consenta almeno così abbiamo conosciuto i fatti fino ad oggi al cristianesimo di diffondersi e proliferare. Ma quel pezzo di papiro consunto e stracciato dai secoli racconta una quotidianità fatta di viaggi, pettegolezzi, alto livello di istruzione, souvenir (e ottime salse di pesce), sano sport, e perfino politica della quale parlare liberamente. Un cristiano, dicevamo, scrive a suo fratello questo documento intimo che potrebbe rivoluzionare la nostra conoscenza dei «protocristiani»: i primi fedeli alla parola del Cristo nelle terre che immaginavamo vessate da persecuzione a sfondo religioso.
La lettera è stata inizialmente acquisita in un mercato delle antichità al Cairo nel 1899; è giunta all'Università di Basilea, che ne è entrata in pieno possesso nel febbraio 1900. Lo scritto è firmato da un uomo di nome Arrianus durante i primi anni Venti o i primissimi anni Trenta del terzo secolo d.C.: il destinatario era suo fratello Paulus, lontano per un viaggio col padre di entrambi. La conclusione, ovvero il saluto con cui Arrianus si congeda, non lascia dubbi: «Nel nome del Signore». L'uso di questa abbreviazione nell'impero romano dipinge la vita di un egiziano al tempo in cui Alessandria era centro fondamentale per i primi cristiani. «Paulus era un nome estremamente raro in quel momento, e possiamo dedurre che i genitori menzionati nella lettera fossero cristiani e avessero chiamato così il loro figlio come l'apostolo, già nel 200 d.C.». La lettera fu inviata da Theadelphia, nell'Egitto centrale, a sud di Alessandria di circa 170 miglia. Scritta a mano in greco antico, ha datazione pressoché certa. «Saluti, mio signore, il mio incomparabile fratello Paulus. Io, Arrianus, vi saluto, e prego perché tutto il possibile tu realizzi nella tua vita». Arrianus consiglia a Paulus di acquistare un'area di terreno, la cui misura è pari a due terzi di un acro: erano figli giovani e istruiti della élite, proprietari terrieri e funzionari pubblici. Il professor Huebner, dell'universidità di Basilea, spiega che «è ovvio che questi uomini si muovessero negli strati superiori della loro comunità. Alcuni membri della famiglia possedevano addirittura schiavi».
Tutto un falso, dunque, il dato storico per cui i cristiani fossero soggetti a durissima persecuzione in quel periodo? No: secondo i ricercatori, la persecuzione riguardava una buona parte dei protocristiani, ma non tutti, non in assoluto. E chissà quanto ancora, papiri e pezzi di vita riemersi dalla Storia, sapranno chiarire. O rivoluzionare.
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