L'inchiesta di Agrigento ha avuto titoloni roboanti e spinto la sinistra a chiedere le dimissioni di Matteo Salvini. Il ministro dell'Interno, infatti, è stato accusato di reati pesanti come sequestro di persona, arresto illegale e abuso d'ufficio. Ma più si guardano i fatti e più ci si rende conto che l'inchiesta non sta in piedi, a prescindere dal gradimento o dalla disapprovazione che possano aver suscitato le scelte del governo.
Detto questo, Salvini attende ancora l'atto formale che ufficializzi l'indagine nei suoi confronti. I tempi non saranno brevi. Il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, deve infatti inviare il fascicolo alla procura di Palermo accompagnandolo con una relazione. Palermo, a sua volta, avrà 15 giorni di tempo per valutare la relazione e scriverne un'altra da inviare al Tribunale dei ministri, il quale avrà 90 giorni per decidere. Ma l'impianto accusatorio già comincia a scricchiolare. Il procuratore di Palermo dovrà infatti valutare sia la competenza sia i reati. L'inchiesta, infatti, potrebbe passare a Catania perché il presunto reato di sequestro di persona può essere contestato solo nei giorni in cui la nave Diciotti era ormeggiata in porto e non in mare. Inoltre, potrebbe essere subito archiviato il reato di arresto illegittimo, visto che non c'è mai stato alcun ordine scritto di arresto, ma solo un'indicazione politica del ministero dell'Interno di non fornire il nome di alcun porto per l'attracco della nave della Guardia Costiera. Il Viminale, infatti, ha solo ribadito una posizione nota: l'intervento dell'Unione europea per lo sbarco dei migranti tenendo fuori l'Italia da qualsiasi responsabilità sulla gestione dell'emergenza.
Ma oltre all'arresto illegittimo anche il reato di sequestro di persona potrebbe non reggere. A sottolinearlo è l'ex procuratore capo di Firenze, Ubaldo Nannucci, che in una lettera al Fatto Quotidiano spiega quanto sia «azzardata» questa ipotesi. «Il divieto di sbarco in territorio italiano scrive Nannucci non può considerarsi equivalente alla privazione della libertà personale, posto che il migrante può recarsi dovunque liberamente senza alcun limite alla propria libertà di movimento, con la sola eccezione dell'ingresso nel territorio dello Stato italiano, in assenza delle condizioni che per legge richiedono il permesso preventivo di entrarvi». Insomma, impedire a qualcuno, che non ha il visto d'ingresso, di entrare in Italia significa far rispettare le leggi vigenti. E «Salvini, sia pure in modo assai rozzo - aggiunge l'ex procuratore capo di Firenze - , ha dato attuazione alle norme che regolano l'ingresso illegale di stranieri in Italia». Ma Nannucci si spinge oltre e si domanda come mai il procuratore di Agrigento, salito a bordo della Diciotti, non abbia interrogato nessuno. In un'inchiesta corretta, prima che sul sequestro di persona, bisognava indagare sul viaggio dei migranti: perché hanno lasciato il loro paese; quanto hanno pagato e a chi; chi conduceva il barcone e se era ancora a bordo della Diciotti; se c'era pericolo di naufragio quando hanno incontrato la nave della nostra Guardia Costiera. Niente di tutto questo. Agrigento è partita in quarta contro il ministro dell'Interno, «scordandosi» tutti gli altri reati. Non deve meravigliare, perciò, se da più parti definiscono quest'inchiesta «un'azione politica».
Nel frattempo, Salvini si dice fiducioso e ha fatto
sapere che l'indagine si trasformerà probabilmente in un «boomerang» per la stessa procura. Anche negli ambienti leghisti regna la massima tranquillità, oltre alla convinzione che alla fine si dimostrerà tutto un «bluff».
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