Il Csm fa muro contro la riforma. E il voto slitta a dopo Pasqua

Il plenum si arrocca di nuovo sulle vecchie posizioni corporative: "Le prerogative non si ridimensionano"

Il Csm fa muro contro la riforma. E il voto slitta a dopo Pasqua

A rriverà al voto probabilmente dopo Pasqua il parere del Csm sulla riforma della giustizia Bonafede, che alla Camera è in attesa degli emendamenti proposti da Marta Cartabia.

La nuova Guardasigilli martedì sarà per la prima volta a Palazzo de' Marescialli, al plenum presieduto da Sergio Mattarella. E il giorno dopo riprenderà la discussione su 3 dei 6 capitoli della sesta commissione, ancora da esaminare e sui numerosi emendamenti.

Ma al ministro della Giustizia il Csm già invia messaggi molto critici sulla riforma, respingendo nella premessa tentativi di «ridimensionare le prerogative costituzionali» dell'organo di autogoverno delle toghe, retrocedendolo a organo amministrativo, come dice il testo della relatrice di Area Elisabetta Chinaglia. Premessa che tutti i laici contestano, ottenendo da una parte dei togati l'assicurazione di una mediazione per correggere una presa di posizione difensiva, che appare corporativa e chiusa agli interventi del legislatore. Interventi più urgenti dopo il caso Palamara sui traffici correntizi per le nomine.

Proprio l'ex presidente dell'Anm, già leader di Unicost e membro del Csm, dopo la radiazione e l'inchiesta per corruzione a Perugia, racconta nel libro-intervista con Alessandro Sallusti «Il sistema» (Rizzoli) una situazione che sembra molto simile a quella di questi giorni.

Nel 2008 s'insedia il quarto governo Berlusconi e l'Anm si prepara, in un clima avvelenato, ad un'opposizione «feroce» con Palamara presidente e il leader di Magistratura democratica, Giuseppe Cascini, segretario. Quest'ultimo risponde al Cavaliere, che aveva definito la procura di Milano «un'avanguardia rivoluzionaria»: «La maggioranza di centrodestra non ha legittimazione storica, politica e culturale e anche morale per affrontare la riforma della giustizia». E lo fa dal palco di un convegno di Sel, il partito più a sinistra dello schieramento.

È lo stesso Cascini che in plenum mercoledì, dopo aver attaccato il laico di Fi Alessio Lanzi che sosteneva il diritto del parlamento di intervenire sull'attività del Consiglio per impedire distorsioni, difende il parere che pretende la discrezionalità nelle nomine, respinge paletti troppo rigidi e dice che «il legislatore può dettare regole di indirizzo, anche fortemente vincolanti, ma è sbagliato fissare regole di dettaglio che finirebbero per ingessare l'attività del Consiglio».

Più di un decennio fa, la frase di Cascini rischia di provocare la crisi di giunta dell'Anm e lo costringe a rettificare, ricorda Palamara che a sua volta va in tv per «metterci una pezza». Ma, dice nel libro, «era un avviso chiaro: qui non sono ammesse defezioni».

Anche mercoledì Cascini, dopo l'affondo, si rende conto che il testo è andato oltre, quasi rivendica al Csm una «riserva di circolare» sopra la legge e, di fronte a togati di Magistratura indipendente e Autonomia&indipendenza che si schierano con i laici, fa marcia indietro assicurando che comunque il testo si può riscrivere. Quasi un déja' vu.

Se allora, parole di Palamara, «la magistratura vuole farsi trovare pronta ai blocchi di partenza della nuova sfida a Berlusconi», ora si prepara a respingere intromissioni del governo Draghi. Vuole continuare ad autogovernarsi senza paletti politici, senza troppi controlli e regole fissate per legge.

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