"Cucino per la rinascita e per lavorare meno. Però apro ad agosto"

Lo chef tristellato della Pergola di Roma: "Basta parlare del lockdown, è ora di darsi da fare"

"Cucino per la rinascita e per lavorare meno. Però apro ad agosto"

Dal nono piano del Rome Cavalieri la città sembra eterna ma nemmeno grande, sotto la cappa dorata del quasi tramonto lo sguardo spazia fino ai Castelli romani e anche oltre. Uno di quei fermo immagine che ti fanno sentire un granello di polvere e che allontano anche il ricordo del lockdown. Succede.

Sarà per questo che Heinz Beck, seduto nella poltrona accanto a me - lui acqua, io Champagne - guarda avanti e non indietro. Anzi quasi si innervosisce alla terza domanda su come ha passato i giorni della pandemia («Andrea, pensiamo alle cose belle», mi srotola con la sua «r» così tedesca).

Heinz Beck, per chi non lo sapesse, è lo chef bavarese che che ha portato per primo (e finora unico) le tre stelle Michelin a Roma. Il suo ristorante si chiama La Pergola e tutti sono concordi: ha il servizio migliore d'Italia (il fuoriclasse? Il sommelier Marco Reitano, uno con cui parli di Pinot Noir della Borgogna, del figlio e di pallone).

Beck lo abbiamo visto crescere per ambizioni, tecnica, sicurezza, carisma, dimestichezza con l'italiano, anche se ci dice che i messaggi che ci manda ancora se li fa correggere dalla moglie Teresa, perché non vuole fare brutta figura. L'ho incontrato, abbiamo parlato un po' dei fatti nostri e un po' di cucina e di futuro e alla fine vale sempre la pena starlo ad ascoltare.

Heinz, come hai passato il lockdown?

«Lavorando. Ho scritto due libri, ho curato il food concept per Fiuggi, che è un albergo della salute, un lavoro scientifico piuttosto impegnativo, ho dovuto creare una linea per il mantenimento del peso, una linea detox e una linea antiage. Il tutto rispettando un tetto di calorie e il piacere».

Una bella sfida...

«Pensa che ho dovuto creare anche una dieta liquida da 900 calorie al giorno».

Beck liquido, una notizia...

«Beh, viviamo nel mondo liquido, lo diceva anche...».

Zygmunt Bauman, il più grande sociologo vivente.

«Guarda che è morto due anni fa (controlliamo, sono tre e mezzo, ndr)».

Mai attimi di smarrimento?

«Alla fine no, io sono sempre stato bene a casa, con mia moglie, al lavoro. Niente autocompassione, niente depressione. Certo dobbiamo convivere con l'incertezza, tutte le crisi che abbiamo vissuto negli ultimi decenni, compreso l'11 settembre, si risolvevano e si ripartiva. Ora non sappiamo che cosa succederà da qui a sei mesi. E senza certezze non potrà esserci una vera ripartenza. Al massimo una mezza ripartenza».

Ecco, la ripartenza. Che cosa è cambiato nel tuo lavoro?

«C'è il distanziamento in sala e il distanziamento anche in cucina, io ho due persone in meno e ne sento la mancanza. Però siamo sempre pieni. Magari ad agosto soffriremo un po' di più, tutti penseranno che siamo chiusi».

Resti aperto ad agosto?!

«Certo, non mi sembrava giusto aprire il 1° luglio e chiudere il 3 agosto per andare in vacanza. Voglio dare un segno di continuità, dare il messaggio che ho voglia di fare, di creare, di riprendere la mia vita in mano».

Tu hai 11 ristoranti nel mondo. Hai riaperto ovunque?

«Devono ancora riaprire Taormina e l'aeroporto di Fiumicino. E Dubai che dovrebbe farlo la prossima settimana».

Che cosa porti con te del lockdown?

«Ho approfondito i miei studi sulla salute, sai che io ho un pensiero profondo sul tema. E poi ho lavorato a quale messaggio dare per la riapertura».

Lo hai espresso in un piatto?

«In tanti piatti. A partire dal primo, quello di ingresso del menu degustazione: una marinata con la betulla, l'albero della longevità, della rinascita. E c'è anche il fiore del gelsomino che spruzziamo sulla pietra calda e che simboleggia l'estate che arriva, la sensualità femminile».

Progetti per il futuro?

«Lavorare meno».

Disse quello che ha deciso di non andare in vacanza. Logica teutonica.

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