Nonostante le polemiche sui tagli alla sanità, nonostante i tempi di attesa per le visite specialistiche, nonostante le minacce di scioperi dei camici bianchi, i dati snocciolati ieri dall'Agenas, l'Agenzia nazionale dei servizi sanitari, rilevano un quadro confortante dei nostri ospedali (ne sono stati analizzati 1363) con eccellenze che però restano confinate principalmente al Centro-Nord, quattro solo in Lombardia, uno in Toscana, Marche, Veneto, Piemonte, Abruzzo, Emilia Romagna. Unico centro di eccellenza al Sud lo troviamo in Sicilia, la Casa di cure Orestano di Palermo.
Ma sono tre ospedali che salgono sul podio dell'Osservatorio sull'assistenza ospedaliera riferiti al 2023: l'Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, in vetta per il terzo anno consecutivo per qualità alta o molto alta in ben sette aree cliniche, l'Azienda pubblica Ospedaliero-Universitaria delle Marche e l'Azienda ospedaliero-universitaria Careggi di Firenze.
In generale, l'attività ospedaliera nel nostro paese è tornata ai livelli pre-Covid: nel 2023 sono aumentati i ricoveri: quasi 8 milioni (312mila in più rispetto al 2022). E nella radiografia di Agenas emergono zone d'ombra.
È vero che è migliorata la qualità dell'assistenza per le malattie cardiovascolari e per gli interventi oncologici ma, in questo settore, in molti reparti si fanno pochi interventi all'anno, meno della soglia minima di sicurezza e qualità degli esiti raccomandata in base a evidenze scientifiche.
E così, nella stragrande maggioranza degli ospedali convivono aree con livelli di qualità alta o molto alta, con reparti di bassa qualità. C'è molto da migliorare, ma di sicuro non tutto quello che è pubblico è di serie B. Una considerazione che fa tirare il fiato anche al ministro della Salute. Dal report «emerge dice Orazio Schillaci - una sanità in recupero rispetto ai volumi pre-pandemici. Riguardo agli esiti, c'è un chiaro miglioramento degli indicatori per le patologie tempo dipendenti. E per l'accesso all'angioplastica, oltre a evidenziare una migliore performance c'è una maggiore omogeneità tra regioni».
In effetti, persino la Calabria, non è più fanalino di coda della sanità. Migliora, assieme alla Sicilia. Lo conferma anche Domenico Mantoan, direttore generale Agenas. «Ci sono eccellenze al Nord, ma iniziano ad esserci anche al Sud e il divario si sta riducendo. Per la prima volta la Calabria, che per anni è stata maglia nera dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) non lo è più» e ha fatto «un notevole balzo in avanti fatto di reparti con situazioni di buona sanità. Anche la Sicilia ha fatto un balzo in avanti, vuol dire che è stato fatto un buon lavoro».
Ma il divario tra Nord e Sud, se si riduce su alcune aree, rimane per altre. Come l'utilizzo troppo disinvolto dei parti cesarei diffuso nella maggior parte del meridione con valori in media superiori al dato nazionale. E in generale, con la crisi della natalità, un punto nascita su tre sotto il limite di 500 parti l'anno.
Entrando nel dettaglio si nota comunque un miglioramento generalizzato. Per esempio, nell'area cardiovascolare il 59% delle strutture raggiunge livelli di qualità alti o molto alti, nel 2022 erano il 51%. E a Messina ad oltre l'85% dei pazienti è stata garantita la procedura salvavita entro 90 minuti. Un record.
Anche per l'angioplastica coronarica 21 ospedali, prima in difficoltà, hanno alzato il volume di interventi oltre la soglia richiesta.
Stessa condizione positiva per 18 centri di cardiochirurgia che hanno superato la soglia dei 200 interventi (rispetto agli 11 del 2022). Crescono pure i centri specializzati nel tumore alla mammella ma qui 201 ospedali fanno meno di 50 interventi all'anno (rispetto ai 150 richiesti).
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