G7, dai beni russi congelati al Sud del mondo: i nodi di un'intesa difficile

Presenti anche l'indiano Modi e il brasiliano Lula. Verso l'accordo con gli Usa per gli aiuti a Kiev

G7, dai beni russi congelati al Sud del mondo: i nodi di un'intesa difficile
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Sarà un G7 che assomiglia a un G20. In Puglia non ci saranno solo i leader dei Paesi industrializzati ma, oltre al Papa, anche Capi di Stato africani e pezzi grossi del Sud del mondo come l'indiano Narendra Modi e il brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva. Frutto del tentativo, da parte della presidenza italiana, di non lasciare cadere il filo rosso del «Piano Mattei», ma soprattutto della volontà di adeguare un format internazionale nato nel lontano 1975 alla realtà di un pianeta che la guerra ucraina ha reso ancora più multipolare e in cui Russia e Cina giocano un ruolo ormai dichiarato di avversari.

Si parlerà di tutto a Borgo Egnazia e i grandi leader globali dovranno cercare di mettere da parte le preoccupazioni di casa. Perchè parecchi tra i protagonisti arrivano in Italia con vistose ammaccature: da Emmanuel Macron a Olaf Scholz, reduci dalle disastrose elezioni europee, fino a Rishi Sunak, che nel voto politico del prossimo 4 luglio ha messo in gioco la propria sopravvivenza politica, senza dimenticare Joe Biden, appeso ai sondaggi che sembrano condannarlo.

Tutti dovranno fare i conti con l'altra presenza illustre, quella del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. È su questo fronte che si attendono i risultati più concreti. Un paio di settimane fa il comunicato ufficiale del G7 dei ministri finanziari, riunito a Stresa con i governatori delle banche centrali, mise nero su bianco che c'erano stati dei progressi significativi sul tema più caldo: l'utilizzo dei beni russi sequestrati in Europa allo scoppio del conflitto nel febbraio del 2022.

Da oltre due anni si discute cosa farne. E adesso, finalmente, potrebbe arrivare l'accordo. A rendere difficile l'intesa è un dettaglio importante: i più decisi nella volontà di mettere le mani sul denaro sono gli americani, ma praticamente tutti i quasi 300 miliardi di dollari congelati al Cremlino sono in Europa, circa 240 miliardi concentrati in una società di diritto belga, Euroclear, specializzata nel regolamento delle transazioni finanziarie internazionali. Ogni sequestro rischia di far contenti gli Usa ma di ripercuotersi sui Paesi europei, potenziale oggetto di rivalsa russa, magari attraverso qualche giurisdizione amica del già citato Sud del mondo.

I dettagli della soluzione su cui i «grandi» stanno lavorando da settimane non sono ancora noti. Sul tavolo c'è di sicuro un progetto Usa, elaborato sotto la supervisione della ministra del Tesoro Janet Yellen: a muoversi in prima persona sarebbero gli americani con un prestito ottenuto grazie all'emissione di bond per 50 miliardi (ma, secondo alcune varianti di cui si è parlato, a emettere il prestito potrebbe essere la Banca Mondiale). Gli ucraini passerebbero subito all'incasso, gli asset russi congelati in Europa servirebbero da garanzia, i profitti dei beni darebbero anche la possibilità di versare le cedole ai sottoscrittori. Il tutto in attesa di una conferenza di pace a cui un giorno dovrebbero partecipare anche i russi per promuovere la vera ricostruzione dell'Ucraina.

L'ipotesi sul tappeto avrebbe il vantaggio di ridurre al minimo la responsabilità dei Paesi europei, ma anche in questo caso il diavolo è nei dettagli. Gli americani vorrebbero la certezza dei flussi finanziari in arrivo dall'Europa, ma i provvedimenti sanzionatori con cui i beni sono stati congelati vengono rinnovati dalla Ue ogni sei mesi. Basterebbe che in un'occasione un Paese «amico» di Mosca (gli americani puntano il dito contro Viktor Orbán) si mettesse di mezzo per far mancare la necessaria unanimità tra i 27 e inceppare il meccanismo. A queste garanzie si lavora fino all'ultimo: se l'accordo si raggiungesse la Ue rinuncerebbe al piano già avviato che prevede l'invio all'Ucraina degli extra-profitti fino ad ora depositati in Belgio (la prima tranche è prevista per luglio).

Se poi l'intesa non si raggiungesse i colloqui continueranno ad oltranza: già per il week end è prevista in Svizzera, a Lucerna, la Conferenza per la pace in

Ucraina (saranno 90 i Paesi rappresentati). Da lunedì si proseguirà, sia pure in sede più ristretta: a Bruxelles è previsto il primo incontro tra premier e capi di Stato della Ue dopo il voto. La diplomazia non si ferma mai.

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