Seppur con un mese di ritardo rispetto ad altri Paesi paragonabili, anche in Italia finalmente l'inflazione perde slancio. Secondo i dati Istat, sebbene il dato mensile sia stato in crescita dello 0,2%, la crescita dei prezzi a gennaio su base annua (vale a dire rispetto a gennaio dell'anno scorso) è stata del 10,1%, in netta frenata rispetto all'11,6% registrato a dicembre. Si tratta del dato più alto registrato da settembre 1984, ma la situazione era talmente precipitata che anche solo rincari meno marcati sono da guardare con ottimismo. La frenata è da ricondurre ai prezzi dei beni energetici regolamentati (-10,9%) e al rallentamento di quelli non regolamentati (da +63,3% a +59,6%). E, almeno per questa voce, il trend sembra poter continuare se si considerano le previsioni di bollette in calo di circa il 40% dopo il deprezzamento del gas maturato lo scorso mese.
Ci sono però alcune ombre in questi numeri, che lasciano ampiamente pensare a una battaglia tutt'altro che vinta contro il caro prezzi: il carrello della spesa rimane salatissimo a gennaio, con la dinamica dei prezzi di beni alimentari, per la cura della casa e della persona che registrano su base annua un +12,2%, in lieve frenata sul 12,6% di dicembre. Sale inoltre la cosiddetta «inflazione di fondo», ossia quella al netto di beni alimentari ed energetici, che arriva al 6% dal 5,8% di un mese fa. Questo significa che il carovita, dapprima limitato all'energia, ha raggiunto più in profondità l'economia, intaccando altri beni di consumo. E questo significa che il percorso per estirpare i rincari sarà più lungo. Vi è poi da notare che, secondo l'Unione nazionale consumatori, un'inflazione al 10,1% equivale a una stangata di 3.188 euro su base annua per una famiglia con due figli. Insomma, il dato dovrà raffreddarsi ancora un po' per poter vedere la luce in fondo al tunnel anche perché allo stato attuale, rileva Altroconsumo, un italiano su tre è in una condizione economica difficile. A queste condizioni, i ceti meno abbienti «si vedono costretti a tagliare i consumi o a ricorrere a prestiti».
Il centro studi di Confcommercio legge gli ultimi numeri in chiave positiva: «Ulteriori buone notizie giungono dal versante dell'inflazione. L'anno si apre con una crescita dei prezzi inferiore alle attese (+0,2% contro la nostra stima di +0,6%)». Ieri, inoltre, è uscito il dato dell'Eurozona, che ha evidenziato un calo di minore intensità passando dal 9,2% di dicembre all'8,5% di gennaio. Facendo un paragone con i Paesi più simili all'Italia, la Francia a gennaio ha visto salire il suo dato sui prezzi al 6%, rispetto al 5,9% di fine 2022. Si tratta tuttavia di un dato inferiore alle attese degli analisti, che si aspettavano una crescita leggermente superiore. Ed è andata in modo simile in Spagna, dove i prezzi sono saliti del 5,8% rispetto al 5,7% di dicembre.
Basteranno questi dati a far rallentare le banche centrali sui
tassi d'interesse? L'appuntamento per scoprirlo è oggi alla riunione del board della Banca centrale europea, che quasi certamente alzerà i tassi di 50 punti base ma potrebbe aprire a rialzi più lievi dai prossimi meeting.
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