Un probabile ménage à trois, in cui i lati del triangolo appaiono ancora intercambiabili, in continua oscillazione sulla base di sondaggi che riflettono umori mutevoli. Tre settimane al voto, e le urne rischiano di restituire alla Germania una replica di quanto accaduto nel 2017, quando ci volle un intero semestre per dare un governo al Paese. L'indefinito non è mai buona cosa, soprattutto perché l'esito delle elezioni tedesche è destinato a impattare sull'architettura dell'Unione europea, sulle prossime mosse della Bce e, quindi, anche sul futuro dell'Italia. Insomma: un indirizzo chiaro su temi cruciali, come per esempio la politica economica, sarebbe quantomeno auspicabile.
In linea teorica, l'impronta del nuovo esecutivo dovrebbe risultare chiara fin da ottobre, quando Berlino dovrà decidere se riportare, con l'inizio dell'anno prossimo, il bilancio nel solco dell'austerità dopo gli sforamenti eterodossi causati dall'emergenza pandemica. Una stretta ai livelli di indebitamento pubblico creerebbe pressioni per il ripristino, dal gennaio 2023, di quelle regole ferree del Patto di stabilità contro cui contro cui si sta battendo Mario Draghi fin dal suo arrivo a Palazzo Chigi. Il processo di riduzione dal debito, pari oggi al 160% del Pil per l'Italia, sarebbe una missione impossibile sulla base della scalettatura prevista dal Patto. Inoltre, una ritrovata linea del rigore da parte della Germania creerebbe più di un grattacapo alla presidente della Bce, Christine Lagarde, già costretta a rintuzzare gli attacchi del capo della Bundesbank, Jens Weidmann, e in generale dei malpancisti dell'Eurotower che chiedono una rapida rottamazione delle misure di stimolo emergenziali. Anche in questo caso, una iattura per l'Italia: dal minor assorbimento dei nostri bond sovrani da parte della banca centrale, infatti, possono derivare tensioni sullo spread Btp-Bund che finirebbero per scaricarsi sui rendimenti dei titoli del Tesoro.
Draghi non ha quindi alternative: deve fare il tifo per una coalizione di governo tedesca di stampo europeista, poco allineata a quei principi dell'ordoliberismo che imporrebbero subito una presa di distanza dal Recovery Fund e da tutto ciò che incarna la mutualizzazione dei debiti, cioè i neonati Eurobond.
La verosimile affermazione elettorale dell'Spd proietta il loro leader, Olaf Scholz, verso la poltrona finora occupata da Angela Merkel. Una successione che la Cancelliera, come ribadito ieri al Bundestag, non sembra gradire perché incorpora il rischio di partorire una liaison dangereuse: i socialdemocratici a braccetto con la sinistra radicale della Linke e con i Verdi di Annalena Baerbock (alleanza rosso-rosso scuro-verde). Per Palazzo Chigi sarebbe, al contrario, una coalizione astrale favorevole. Le tre forze in campo spingono infatti per rendere strutturale il Next Generation Ue e appoggiano politiche fiscali e monetarie espansive. Sulla possibile intesa pesa tuttavia come un macigno la richiesta dei post-comunisti di uscire dalla Nato.
Non svantaggiosa all'Italia è anche la formazione Kenia (nero-rosso-verde): una compagine di governo composta da Cdu, Spd e ambientalisti, in cui l'asse della maggioranza sarebbe inclinato a sinistra, seppure temperato dai cristiano-democratici che puntano a ripristinare il pareggio di bilancio. Più complicata, invece, per il governo Draghi, la cosiddetta coalizione semaforo (rosso-giallo-verde): il rischio sarebbe quello che socialdemocratici e Verdi non riescano a tengano a freno i pruriti dei liberali (i gialli) dell'Fdp e, soprattutto, del loro faro, Christian Lindner.
Lui è l'incarnazione del rigore teutonico, è l'uomo che pretende di ristabilire nella sua pienezza il Patto di stabilità e che, solo qualche giorno fa, puntava il dito contro i debiti eccessivi di alcuni Paesi europei e sulla conduzione lasca della Bce.
Un tipo tutto d'un pezzo, insomma, capace perfino di far scattare la nostalgia canaglia verso il mai rimpianto ex ministro del Tesoro, Wolfgang Schaeuble.In questo senso le ultime due ipotesi di alleanza di governo (la coalizione Cdu-Spd-Fdp e soprattutto la Giamaica (Cdu-Verdi-Fdp) sono quelle che più ci devono far paura.
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