«Conosciamo bene i problemi dei sindaci, le preoccupazioni che hanno sempre espresso in ordine al rischio di essere indagati per reati che si rivelavano poi infondati»: parola di Michela Di Biase, deputata del Partito Democratico, che ieri alla Camera prende per prima la parola nel dibattito sul l'abolizione del reato di abuso d'ufficio, compresa nel pacchetto di riforma della Giustizia voluto dal ministro Carlo Nordio. Ci si aspettava vista la premessa che la Di Biase concludesse annunciando il voto favorevole del suo partito, raccogliendo le richieste dei sindaci che, spiega, vedono distrutti dagli avvisi di garanzia «la reputazione e il capitale politico accumulato col buon governo del territorio», «anche a fronte di una sentenza di assoluzione». E invece no. Il Pd, annuncia la Di Biase, voterà contro l'intero pacchetto. Perchè «è un intervento frammentario dettato dall'ideologia», e - cosa inaccettabile - «un intervento a costo zero».
Come il Pd, anche Movimento 5 Stelle e Avs annunciano il voto contrario, rafforzato da una mozione di incostituzionalità dell'intero disegno di legge. Che però sembra avviato a approvazione piuttosto rapida, forte del sostegno compatto della maggioranza e anche del voto dei centristi di Azione! e Italia Viva. Nessuno dei partiti favorevoli presenterà emendamenti al testo arrivato dal Senato, in modo tale da approdare alla approvazione definitiva già prima della pausa estiva.
L'abolizione totale del reato di abuso d'ufficio è il piatto forte del provvedimento, nonchè il principale bersaglio delle critiche della magistratura e delle sinistre, ma non è l'unico aspetto rilevante del pacchetto. Viene riscritto, ridimensionandone parecchio il campo di applicazione, il reato di traffico illecito di influenze: un reato introdotto dalla «legge Severino» all'epoca del governo Monti, oggetto fin da subito di interpretazioni controverse, e a volte utilizzato dai pm quando non riuscivano a provare il reato di corruzione. Con il «pacchetto Nordio» non viene più punita la semplice millanteria, e il reato scatta solo in presenza di una «utilità economica».
Il disegno di legge, che dovrebbe essere avviato alla approvazione finale intorno al 10 luglio, introduce anche norme severe contro la cronaca giudiziaria, proibendo la pubblicazione di intercettazioni depositate agli atti ma non utilizzate dal giudice per emettere i suoi provvedimenti: i giornalisti non potranno più attingere al materiale, spesso assai corposo, depositato semplicemente agli atti del processo.
Ed entra in dirittura d'arrivo un'altra proposta storica del fronte garantista: prima di emettere un provvedimento a carico di un indagato, il giudice preliminare dovrà convocarlo per ascoltare le sue ragioni. E in ogni caso, se il provvedimento chiesto dal pubblico ministero è il carcere, a disporlo non potrà essere un singolo giudice ma un collegio con tre membri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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