
«Se vogliamo recuperare una visione strategica, dobbiamo rendere le nostre democrazie più competitive. È essenziale far comprendere che solo attraverso solide relazioni internazionali, anche con quegli attori che troppo spesso abbiamo sottovalutato, sia vicini che lontani, possiamo proteggere il nostro stile di vita e garantire il benessere della nostra popolazione. È tempo di agire ora e in fretta». È il monito di Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario alla Difesa.
Sottosegretario, come si rende competitiva una democrazia?
«Serve meno burocrazia e la possibilità di essere proattivi. Guardi l'esempio di Trump. Tra il momento del giuramento e l'arrivo allo studio ovale aveva già lasciato l'Oms e rinunciato agli accordi di Parigi sul clima».
Scelte azzardate per molti.
«Al netto del fatto se fosse giusto o meno l'Italia comunque ci avrebbe impiegato anni per dare seguito a simili decisioni».
Il pragmatismo di Trump è davvero un modello?
«Senza dubbio rappresenta un approccio efficace. Tuttavia, siamo abituati a vedere gli Stati Uniti come garanti della sicurezza globale indipendentemente da un immediato ritorno economico-finanziario. La postura di Trump, invece, sembra orientata a considerare principalmente il valore delle ingenti risorse di terre rare presenti in Ucraina, in particolare nel Donbass.
La celebre pax americana non esiste più?
«È venuto meno il modello di esportazione della democrazia (basta pensare all'Iraq e all'Afghanistan) ma allo stesso tempo sarebbe auspicabile che gli Usa mantenessero il ruolo di provider di sicurezza globale e di stabilità che la storia contemporanea gli ha assegnato».
Trump parla spesso di «global South». È una minaccia o un'opportunità?
«Il confronto coi Paesi emergenti deve diventare un'opportunità di crescita. E in questo senso l'Italia può giocare un ruolo importante grazie ai rapporti bilaterali come quello con le monarchie del Golfo e quello con l'India di Modi »
Cosa rende lento il modo di reagire ai cambiamenti del continente europeo?
«Soprattutto i pregiudizi ideologici. Il mondo va a una velocità e noi europei a un'altra. Basti pensare alle implicazioni del green deal che, per come è stato impostato, è state un danno irreparabile per l'industria e l'economia».
La questione ambientale non è prioritaria?
«Innanzitutto c'è da dire che l'Europa pesa meno del 2% nella produzione di emissioni di CO2. E in nome di questo allarme abbiamo ceduto l'automotive alle auto elettriche cinesi. Si rende conto che per produrre auto elettriche servono le batterie al litio e per produrre una tonnellata di litio servono 250 tonnellate di minerale grezzo da lavorare consumando 500mila galloni d'acqua a tonnellata. Solo la miopia europea ha potuto distruggere il settore dell'auto per una politica ambientalista che ambientalista poi non è».
A proposito di pregiudizi ambientalisti c'è poi la questione del nucleare.
«Esatto. È assurdo pensare di essere competitivi senza il nucleare (oggi energia sicuramente pulita), quando poi subito oltre i nostri confini ci sono le centrali francesi, dalle quali importiamo, tra l'altro, il 15 % del nostro fabbisogno energetico».
Ci sono altri settori dove i pregiudizi ideologici frenano lo sviluppo?
«C'è il settore
della difesa. Oggi la difesa è innovazione in molteplici settori tra i tanti quello tecnologico, della cyber, dello spazio, tutti settori che afferiscono con la vita di tutti noi. Frenarla è davvero un'operazione miope».
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