L'opposizione non ci sta e il Venezuela appare sull'orlo di una rivolta. Ieri la leader dell'opposizione Maria Corina Machado, a cui Nicolàs Maduro (nella foto) ha impedito di candidarsi, ha lanciato un appello diretto a «mobilitarsi», proclamando come legittimo vincitore delle presidenziali il suo candidato, Edmundo Gonzalez Urrutia. «Abbiamo proposto al regime di accettare democraticamente la sua sconfitta, ma esso ha scelto la via della repressione. Ora tocca a tutti noi affermare la verità che tutti conosciamo. Mobilitiamoci. Ci riusciremo», ha scritto su X la popolare dissidente. «Abbiamo trascorso mesi a costruire una solida piattaforma che potesse difendere il voto e dimostrare indiscutibilmente il nostro trionfo. Abbiamo trionfato», ha sottolineato Machado.
Da parte sua Maduro ha detto di essere «pronto a presentare il 100 per cento dei documenti» (ma il Consiglio nazionale elettorale controllato dal governo ha sospeso l'annuncio del secondo bollettino con i risultati delle presidenziali del 28 luglio) e ha presentato un ricorso alla Corte Suprema di Giustizia contro quello che ha definito un «attacco al processo elettorale» e ha espresso sdegno nei confronti di Machado e Gonzalez Urrutia, sottolineando che «dovrebbero essere dietro le sbarre».
Ieri si è fatta viva anche Dinorah Figuera, esiliata in Spagna e presidente dell'Assemblea nazionale dell'opposizione venezuelana, che ha parlato di Maduro come colui che ha commesso «davanti agli occhi del mondo una frode grossolana che lo ha lasciato nudo, rivelandolo». Intanto undici organizzazioni non governative per i diritti umani hanno chiesto il rispetto dei diritti alle libertà di espressione, di riunione e di protesta pacifica e il rispetto delle norme e degli standard internazionali sull'uso della forza.
Le organizzazioni venezuelane hanno sin qui registrato almeno 11 morti (ma qualcuno parla di addirittura di 20 vittime) e hanno identificato l'uso di armi letali da parte di sospetti civili armati legati alle forze di sicurezza. Inoltre 749 persone sono state arrestate in relazione alle proteste e potrebbero essere condannate a pene detentive per reati che vanno dagli atti di violenza al terrorismo.
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