nostro inviato a Roma
«Hamas in ebraico significa violenza». Lo ha detto il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, parlando di fronte al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione delle celebrazioni per i 120 anni del Tempio maggiore, un evento che ha riunito nella sinagoga della capitale i vertici delle istituzioni. Accanto al Capo dello stato - che in prima fila ha salutato Edith Bruck, testimone della Shoah - c'era il presidente del Senato Ignazio La Russa. Ed era presente una nutritissima rappresentanza del governo e della maggioranza, con capigruppo e ministri, a partire da quello degli Esteri Antonio Tajani, che si è trattenuto a lungo a Lungotevere de' Cenci. Più ridotti i ranghi del centrosinistra, con Piero Fassino e Walter Verini del Pd, oltre naturalmente al sindaco Roberto Gualtieri.
Un giorno di festa per la Comunità ebraica di Roma, la più antica d'Europa. Gli ebrei romani si considerano, e a ragione, «cittadini di Roma da oltre duemila anni» come ha ricordato il presidente Victor Fadlun. Sono infatti presenti ininterrottamente nella Città eterna da prima della distruzione del Tempio che dette avvio alla diaspora. «Orgogliosamente italiani e orgogliosamente ebrei» ha scandito Fadlun. Con il coro e dei bambini e le scuole, è stato dunque celebrato quel tempio che simbolo anche della emancipazione storica degli ebrei di Roma dopo i tre secoli di ghettizzazione forzata. Un grande luogo di culto che nell'ultimo secolo è divenuto il cuore pulsante della vita comunitaria, e ne ha costellato i momenti drammatici - dal rastrellamento all'attentato in cui perse la vita il piccolo Stefano Taché, che proprio Mattarella ha omaggiato nel suo primo discorso da presidente e i momenti di gioia, quelli della quotidianità e quelli storici, come la nascita di Israele e - citate da Di Segni - le visite di tre Papi.
Un giorno di gioia anche ieri, ma in tempi di inquietudine, per la guerra e per i segnali di un risorgente antisemitismo, in tutta Europa (Italia compresa). «Il diluvio arrivò ha ricordato il rabbino capo nel passaggio politicamente più significativo del suo discorso - perché, dice la Bibbia la terra si era corrotta e si era riempita di violenza. Con una sinistra evocazione, la parola violenza traduce il termine ebraico biblico che è hamàs, si proprio hamàs». E ha riecheggiato il nome dell'organizzazione terroristica del 7 ottobre, Hamas, acronimo costruito come «Movimento islamico di resistenza». Quella stessa delirante «resistenza» a cui inneggiano, anche in Italia, le piazze degli estremisti di sinistra e dei giovani arabi che vogliono lo smantellamento, o la distruzione dello Stato ebraico.
«Ogni società anche quella più solida, è a rischio ha ammonito Di Segni - se non avverte i sintomi della crisi e non vi pone riparo per tempo. I nostri valori fondanti, che sono quelli stabiliti dalla Costituzione, vanno difesi e promossi.
La costituzione che tra l'altro, porta la firma di un ebreo, Umberto Terracini». E si è appellato al presidente della Repubblica: «In tempi difficili come questi - ha detto - la nostra comunità guarda a lei come il primo garante di quel testo e della stabilità del nostro Paese».
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