La Diciotti in porto ma senza garanzia Ue non sbarca nessuno

L'Unhcr: i migranti vittime di torture. Solo la Francia ha accolto la quota promessa

La Diciotti in porto ma senza garanzia Ue non sbarca nessuno

Catania - Tutti a bordo. Immigrati e uomini della Guardia costiera. Dalla nave Diciotti, ferma al molo di Levante del porto di Catania dalle 23.30 di lunedì sera, non è sceso ancora nessuno. Perché quello autorizzato da parte del governo è stato solo uno scalo tecnico in un porto sicuro, non lo sbarco effettivo dei passeggeri.

Prima l'Italia, con il ministro dell'Interno Matteo Salvini, chiede certezze ai 27 Paesi dell'Unione europea, che devono fare la propria parte con la ripartizione delle quote di immigrati. E non a parole, che pure tardano ad arrivare, ma a fatti. E non certo come è avvenuto di recente a Pozzallo, dove dei 450 immigrati approdati, che dovevano essere smistati nelle diverse nazioni che avevano dato il proprio consenso alla redistribuzione degli stessi, ne sono rimasti ancora 170, ospiti del locale Hotspot situato nei pressi del porto della cittadina rivierasca iblea. Soltanto la Francia ha fatto la sua parte e nemmeno tutta, accogliendo 47 dei 50 immigrati che doveva trasferire dall'Italia, ma latitano ancora la Germania, il Portogallo, la Spagna, l'Irlanda e Malta, che di quelli promessi, ad oggi non ne hanno preso nessuno.

Ci aveva visto giusto il sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatuna, che aveva sollecitato un'accelerazione del lavoro delle commissioni ad hoc inviate dai diversi Paesi dell'Unione Europea per valutare il necessario per effettuare i trasferimenti degli immigrati entro i propri confini.

Sulla nave Diciotti gli immigrati hanno chiesto il perché di questo stallo. Tra i 177 passeggeri ci sono diversi minorenni e di questi, secondo Save the Children, 28 sono non accompagnati.

A Catania, sul molo di Levante, è presente solo personale della guardia costiera, della polizia di Stato, della Guardia di finanza e dei carabinieri, non ci sono volontari o appartenenti alla Protezione civile per l'assistenza allo sbarco, cosa che la dice lunga sul fatto che ancora non è stato siglato nessun accordo tra i Paesi dell'Unione europea in accoglimento della richiesta di ripartizione delle quote avanzata in questi giorni ufficialmente dal ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi.

Sull'intera vicenda, dopo la procura di Agrigento, anche quella di Catania ha aperto un'inchiesta. Anche le associazioni umanitarie hanno fatto sentire la propria voce. «Le persone a bordo - denuncia la portavoce dell'Unhcr Carlotta Sami - hanno subito abusi, torture, sono vittime di tratta e traffico di esseri umani. Hanno bisogno urgente di ricevere assistenza e diritto a chiedere asilo. Un diritto fondamentale, non un crimine». Ed esponenti della rete Antirazzista di Catania, insieme con altre associazioni, hanno manifestato dinanzi al molo di Levante il proprio dissenso rispetto alla scelta di non autorizzare le operazioni di sbarco.

Non sono mancate, però, le manifestazioni di consenso, soprattutto da parte di quelle persone che, lavorando al porto di Catania o abitando nella zona, si dicono stanche dei continui sbarchi a cui hanno assistito per anni. E non per questo tengono a precisare - si ritengono razziste.

«Chiediamo, proprio come sta accadendo oggi da parte del Viminale dicono che tutta l'Unione europea si responsabilizzi dinanzi a un problema che non è solo dell'Italia, com'è stato finora, ma va gestito in maniera comune. Ognuno deve fare la sua parte».

Intanto la città di Catania, che bene conosce il sistema

dell'accoglienza, è pronta all'eventuale decisione del Viminale di autorizzare lo sbarco. «Restiamo in attesa di disposizioni dice il sindaco, Salvo Pogliese -. Nel frattempo abbiamo predisposto tutto, in modo da essere preparati».

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