Il "difensore dei diritti" scorda la sua salvatrice

Ha omaggiato Bologna, i suoi prof e le ong, ma si è guardato bene dal citare Giorgia Meloni

Il "difensore dei diritti" scorda la sua salvatrice
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Patrick Zaki si auto-definisce «difensore dei diritti umani», ma evidente non conosce la gratitudine o, più banalmente, non ha capito chi sia stato il vero demiurgo della sua liberazione. Nella sequela di ringraziamenti inanellati nelle sale dell'Alma Mater l'ex- studente ha omaggiato i cittadini di Bologna, i suoi professori, i collettivi e le Ong che si sono mobilitate per il suo caso, ma si è ben guardato dal menzionare per nome Giorgia Meloni. Si è limitato ad un incerto ringraziamento ai «vertici dello stato italiano fino al Presidente del Consiglio». Certo Giorgia Meloni è la prima a non pretendere gratitudine. La prima a raccontare di essersi spesa con il presidente egiziano Al Sisi semplicemente perchè riteneva giusto riportarlo in Italia. I primi a pretendere un minimo di riconoscenza verso il lavoro del nostro Governo e del nostro Paese siamo, però, noi italiani. Sentire Zaki sproloquiare di diritti umani senza ricordare che il suo diritto alla libertà è stato garantito «in primis» da Giorgia Meloni e dal suo Governo è una contraddizione che non si addice a chi pretende di «operare per la difesa dei diritti umani». Ma le uscite infelici di questo confuso figliol prodigo non si fermano qui. Sentirgli definire «Bologna la prima città della libertà» è un autentica offesa per gli italiani che conoscono i trascorsi di quella roccaforte del comunismo. Una città dove esistono ancora vie dedicate a Stalingrado o viali intitolati a Lenin non è per la maggioranza dei nostri concittadini un simbolo di libertà. Ma ancor più fastidioso è sentirgli evocare i cittadini di Bologna come «motivo e ragione della mia libertà». Per l'amor del cielo nulla da dire sui simpatici e gioviali abitanti del capoluogo emiliano. Però sentirli anteporre alle Autorità che hanno lavorato per smontare le accuse rivolte a Zaki e restaurare rapporti di collaborazione politica ed economica con il Cairo indispensabili per l'ottenimento della grazia è sinceramente deprimente. Anche perchè la liberazione non dipende certo dalle chiassose dimostrazioni inscenate in quella città da una sinistra decisa a fare di Zaki la nuova icona delle proprie battaglie, a cominciare da quelle in chiavi anti-Al Sisi. Quelle dimostrazioni hanno, casomai, sortito l'effetto contrario rendendo più complessa l'azione dei nostri diplomatici. Comunque per ringraziamenti e riconoscenza c'è sempre tempo.

Se in questi giorni di vacanze bolognesi troverà il tempo di rielaborare con mente più lucida le fasi della propria liberazione Patrick Zaki capirà che un passaggio, anche discreto da Roma e dai palazzi del Governo, contribuirà a migliorare la sua reputazione nel nostro Paese.

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