Strade incendiate, risse, violenza ed estremismi. Negli ultimi mesi le città italiane sono sempre più sotto scacco della delinquenza giovanile. A terrorizzare i cittadini sono principalmente giovanissimi con background migratorio: le baby gang. Milano ne è la prova: dai fatti del Corvetto al blitz anti islamico, con l'arresto di 5 ragazzi accusati di far parte di un'associazione terroristica legata ad «Al Qaeda» con a capo una ragazza pakistana di soli 18 anni. Ed ora le zone rosse: un provvedimento per arginare «la presenza di soggetti dediti alla commissione di reati e non in regola con la normativa in materia di immigrazione», si legge nel comunicato prefettizio che ha suscitato le critiche della sinistra milanese gridando al «pregiudizio e la discriminazione basato sul colore della pelle». I dati riferiti dal Ministro Piantedosi affermano però che nell'area milanese «il 65% dei reati sono commessi da popolazione straniera». Un dato che non va di pari passo con i provvedimenti giudiziari. A dirlo sono i documenti in possesso del Giornale che analizzano il fenomeno delle baby gang nei primi sei mesi del 2024, da gennaio a luglio.
A finire sotto l'occhio della giustizia sono i ragazzi italiani. Ad oggi 13.735 minori e giovani adulti, entro i 25 anni, italiani sono in carico agli uffici dei servizi sociali: ben il 76% del totale contro i poco più di 4000 ragazzi stranieri. In pratica, meno del 30% degli stranieri risulterebbe colpevole di qualche reato: si va dal furto, allo spaccio, a reati finanziari fino a reati più importanti come l'omicidio. «Con i ragazzini stranieri è più difficile - racconta al Giornale un poliziotto che preferisce rimanere anonimo - perché spesso non hanno i documenti o hanno il solo permesso di soggiorno».
L'immensa differenza si vede anche nei piccolissimi, quelli sotto i 14 anni: il 78% di chi «paga» per i reati commessi è italiano, contro il 22% straniero. Dai documenti in possesso del Giornale vediamo anche la provenienza dei ragazzi coinvolti in questo meccanismo: come già detto gli italiani rappresentano il 76%, contro i marocchini su cui pendono sentenze dei Tribunali dei Minori solo per il 4,7%, la Romania rappresenta un 3,5% mentre il Bangladesh l'0,31%.
«I procedimenti penali a carico dei giovani stranieri comporterebbero un foglio di via o un ingresso in Cpr e quindi - prosegue la nostra fonte - spesso ci troviamo costretti a cercare di sedare le risse e basta. Per gli italiani invece l'iter è molto più semplice e meno dispendioso».
A far riflettere, considerando anche i casi di cronaca all'ordine del giorno in cui sono coinvolti minori stranieri, sono i primi ingressi nei centri gestiti dai servizi sociali nei primi 6 mesi del 2024.
Su un totale di 571 bambini e ragazzi, ben 317 sono italiani e cioè il 55,5%, a seguire gli egiziani con il 7,5% e cioè 43 casi, i marocchini in cui si contano 36 casi con il 6,3%, i tunisini che sono solo 10 con l'1,75% e infine i ragazzi algerini con un bassissimo 0,4% e cioè solo 4 casi.
Insomma, secondo i dati e le sentenze, sarebbero i ragazzini italiani a finire sotto processo dopo aver compiuto la stragrande maggioranza dei reati nelle strade delle nostre città. Numeri che non risultano un'eccezione perché l'andamento negli ultimi anni è sempre stato questo: nel 2010 la percentuale di italiani rispetto agli stranieri era addirittura dell'85%, abbassandosi poi dal 2015 al 2023 intorno al 77%.
«Non è una situazione
facile, ci troviamo di fronte a bande di minorenni nella maggior parte dei casi di origine nordafricana - conclude il poliziotto - impauriscono le persone e sono spesso armati. È una situazione che si verifica ormai ovunque».
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