"Il diritto all'oblio non basta, manca una cultura della rete"

L'avvocato esperto di diritto dell'informazione spiega: "Non demonizziamo il web, chi è online sia educato"

"Il diritto all'oblio non basta, manca una cultura della rete"

«Il diritto all'oblio consiste nell'interesse che ogni persona ha a non rimanere esposta a tempo indeterminato al pregiudizio che la reiterazione della pubblicazione di una notizia sebbene in passato legittimamente divulgata può arrecare al suo onore e alla sua reputazione se non correttamente aggiornata o contestualizzata. Il diritto all'oblio, o meglio la sua tutela, è un rimedio: interviene sugli effetti, non sulla causa».

A spiegarlo è l'avvocato Bruna Alessandra Fossati dello Studio Legale Munari Cavani di Milano, specializzato in Diritto dell'Informazione.

Avvocato Fossati, si parla sempre di più di diritto all'oblio.

«Internet ha contribuito in maniera decisiva a ridefinire lo spazio pubblico e privato, a strutturare i rapporti tra le persone, fisiche e giuridiche e tra queste e le istituzioni. È il mezzo conoscitivo democratico per eccellenza, non ha confini né di spazio né di tempo. Compito degli addetti ai lavori è quello di imbrigliare la Rete, per quanto possibile, in confini giurisdizionali (sebbene Internet sia una risorsa globale, manca un diritto transnazionale) e temporali (di cui il diritto all'oblio, dopo la nota sentenza Gonzalez/Google Spain è divenuto la più popolare espressione). Il diritto all'oblio, come quello alla reputazione e alla privacy, esiste così come i mezzi per tutelarli: giudizi ordinari di accertamento delle condotte ritenute lesive, giudizi risarcitori, azioni cautelari, ricorsi all'Autorità Garante o direttamente ai principali motori di ricerca».

E allora dove bisogna intervenire?

«Mancano totalmente la cultura e la conoscenza di Internet, del mezzo e dei suoi effetti. Il garante della Privacy, Antonello Soro, ha suggerito l'introduzione dell'educazione civica digitale tra le materie scolastiche. Già dalla scuola primaria si insegna informatica, ma non gli elementi cognitivi del mezzo. Bisogna smettere di confondere l'immaterialità della rete con l'irrealtà».

Cioè?

«Caricare foto, video, taggare, loggare, lasciare commenti, fare trolling, sexting sono tutti comportamenti abitualmente ripetuti in Rete, sul presupposto ignorante - nel senso di mancanza di conoscenza - che intanto è virtuale. Invece è tutto reale: persone, nomi, cognomi, famiglie, attività professionali. Finanche i sentimenti».

Allora ha ragione il Presidente Soro quando afferma che la tutela della privacy è impossibile?

«Il nostro ordinamento, anche grazie al lavoro svolto dal Garante, offre ai cittadini a tutela delle libertà fondamentali costituzionalmente garantite e dei loro diritti personalissimi importanti strumenti di natura sia sostanziale sia processuale».

Ad esempio?

«La Dichiarazione dei diritti in Internet del luglio 2015, fondata sul pieno riconoscimento di libertà, uguaglianza, dignità e diversità di ogni persona; il Regolamento Ue Generale relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e alla loro libera circolazione del maggio scorso. L'Unione europea ha fatto molto per la tutela dei dati personali e per la libertà di espressione come riconoscono l'articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali e l'articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, riferimenti imprescindibili per una specificazione dei principi riguardanti il funzionamento di Internet. Questo non esclude che molto ci sia ancora da fare sia nell'elaborazione di leggi e regolamenti, sia nella loro pratica applicazione».

La soluzione?

«Educare alla Rete e di applicare in maniera consapevole i rimedi offerti

dall'ordinamento, adeguandoli alle inarrestabili evoluzioni di internet. Non demonizziamo il mezzo ma - e cito indegnamente un'espressione di Umberto Eco - non consentiamo l'invasione degli imbecilli e, aggiungo, degli ignoranti».

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