"Disastro improbabile, i reattori sono sicuri. Piano per creare panico"

Il fisico: "Hanno scatenato il terrore in tutto il mondo con un danno in realtà minimo"

"Disastro improbabile, i reattori sono sicuri. Piano per creare panico"

Professor Antonio Ereditato, fisico delle particelle a Berna e al Cern, come considera l'attacco dei russi alla centrale nucleare?

«Un fatto simbolico, emotivo. È un crimine di guerra, una cosa seria, ma non per i danni, bensì per il terrore che genera».

I danni non sono gravi?

«Quando si tratta di questioni scientifiche e tecnologiche bisogna cercare di capire le cose in modo il meno possibile emotivo e il più possibile quantitativo. Purtroppo, poiché siamo in una situazione di guerra e di distruzione, il discorso diventa facilmente emotivo, ma bisogna cercare di guardare ai fatti».

Quali sono?

«Innanzitutto, una centrale è una infrastruttura di per sé estremamente sicura. Nella storia, l'unico problema che si sia verificato è stato a Chernobyl; e si badi bene che non si è trattato di malfunzionamento, bensì di errore umano».

C'è un possibile confronto?

«No. Questa centrale non ha nulla a che vedere con Chernobyl: è un complesso di vari reattori indipendenti con sistemi tecnologici di controllo più avanzati, ed è un complesso abbastanza moderno e sicuro, per quanto sicuri si possa essere in una situazione di guerra».

Sicuro che significa?

«Le centrali nucleari sono costruite per resistere a terremoti, inondazioni, uragani, aerei che possono cadervi sopra, attentati terroristici... Noi fisici ci diciamo: se c'è un problema, il posto più sicuro dove andare è una centrale nucleare».

Però c'è la guerra, intorno. L'impianto è stato bombardato...

«Un vero danno si avrebbe se qualcuno, deliberatamente, lanciasse un missile contro il reattore: in questo caso, parte del materiale radioattivo potrebbe essere disperso nell'atmosfera, incrementare i valori di radioattività nei dintorni e provocare danni. Non un disastro, si badi bene. E neanche una esplosione come quella di una bomba atomica, che è una cosa completamente diversa: un reattore è fatto per produrre energia, un'arma è fatta per uccidere».

Il fuoco vicino a un reattore fa paura.

«Sì, perché si pensa all'esplosione; ma il fuoco era lontano dal reattore, che è ben protetto. Il fuoco si spegne, la centrale è messa in sicurezza e basta. Se ci fosse stato un danno al reattore o una fuoriuscita di materiale radioattivo, l'Aiea l'avrebbe subito rilevato».

La catastrofe non può accadere?

«Se i russi volessero causare un vero danno, farebbero altro... Sembra più una scelta politica: si scatena il terrore con un danno quasi innocuo vicino a una centrale che, dal punto di vista psicologico, può essere dirompente, anche se dal punto di vista oggettivo e tecnico è quasi nulla. Forse è questa la vera arma letale: così la Russia ha messo paura a mezzo mondo...».

Di estinzione nucleare parla il suo libro Un breve viaggio chiamato Terra (ilSaggiatore).

«Lì dico che una guerra nucleare generalizzata è poco probabile, mentre è più probabile una guerra tattica, regionale, che porterebbe all'inverno nucleare: le scorie renderebbero opaca l'atmosfera e il Sole non riuscirebbe a scaldarci».

Come l'anno senza estate, quando Mary Shelley creò Frankenstein?

«Quello. Il 1816. Non ci sarebbe un'estinzione dell'umanità, ma una regressione politica, sociale, economica...»

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