Il disordine mondiale passa per il mal d'Africa. La guerriglia strategica che fiacca l'Occidente

Egitto, Iran, Etiopia e Emirati Arabi si aggiungono a Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. È il gruppo "Brics più Mar Rosso". E il commercio estero italiano in 3 mesi ha perso 8,8 miliardi di euro

Il disordine mondiale passa per il mal d'Africa. La guerriglia strategica che fiacca l'Occidente

I recenti attacchi al commercio marittimo da parte degli Houthi hanno prepotentemente riportato il Mar Rosso ed il Golfo di Aden al centro dell'attenzione internazionale. Solo un anno fa, in questo stesso periodo, le prospettive per la regione sembravano promettenti. Nello Yemen era in vigore un cessate il fuoco mediato dalle Nazioni Unite, che avevo aperto la strada ai colloqui di pace tra l'Arabia Saudita e gli Houthi. Israele stava espandendo la sua presenza diplomatica nel Mar Rosso, alimentando crescenti aspettative per la normalizzazione delle relazioni con l'Arabia Saudita. Il Sudan si apprestava a trasferire il potere dalla giunta militare ad un governo civile e in Etiopia un accordo di pace in Tigray aveva sollevato speranze per la stabilità di tutto il Corno d'Africa.

Contrariamente alle premesse, tuttavia, il 2023 si è rivelato l'annus horribilis della regione. I piani di transizione in Sudan si sono sgretolati, lasciando il posto, ad Aprile, a una guerra civile senza precedenti. Il tentativo del primo ministro etiope di assicurarsi uno sbocco al mare ha posto l'Etiopia in netto contrasto con l'Eritrea e la Somalia. Gli attacchi terroristici di Hamas e la risposta di Israele hanno posticipato a tempo indeterminato le prospettive di distensione regionale, mentre gli Houthi si sono impegnati in azioni dirompenti contro le navi commerciali, in risposta all'operazione militare israeliana a Gaza.

Dallo stretto di Bab-al-Mandeb, che separa il Mar Rosso dal Golfo di Aden, transitava il 12% del commercio marittimo globale. Da qui passano anche il 25% dei dati globali, attraverso una folta rete di cavi sottomarini. Tuttavia, da novembre, le compagnie di navigazione hanno reindirizzato le loro navi verso il Capo di Buona Speranza, in Sud Africa, al fine di evitare gli attacchi. Le implicazioni sono gravissime. Il traffico marittimo via Mar Rosso ha registrato una diminuzione del 78% rispetto ai livelli di ottobre, incrementando i costi di trasporto dall'Asia all'Europa del 35%.

Per l'Italia i rischi sono ancora più rilevanti. Dal Mar Rosso, infatti, fino a pochi mesi fa transitava circa il 40% del commercio marittimo del paese. Complessivamente, i danni per il commercio estero italiano nel periodo compreso tra novembre 2023 e gennaio 2024 ammontano a 8,8 miliardi di euro. Risulta una contrazione pari al 3,6% nel numero di arrivi di navi mercantili, che impatta sul settore alimentare e, in modo particolare, sui porti di Genova, Livorno e Venezia.

Sebbene gli atti di aggressione in questa regione non siano senza precedenti (da ricordare la pirateria al largo delle coste somale a partire dal 2010), la portata degli attacchi degli Houthi tramite droni e missili non ha eguali. In risposta, sia le forze americane che quelle britanniche hanno intrapreso azioni militari contro le postazioni del gruppo yemenita, senza però riuscire ad eliminare la minaccia. Proprio questo ha spinto l'UE a disporre una nuova operazione navale e aerea per la sicurezza marittima nell'area, denominata EUNAVFOR Aspides, per proteggere le vie di transito commerciale mediante attività di scorta, pattugliamento, vigilanza e intercettazione delle minacce.

Ed è qui che si evidenzia la differenza principale con la missione a guida anglo-americana, in quanto Aspides si configura, infatti, come un'operazione meramente difensiva. La difesa italiana, in questo, ha fatto la sua parte, dispiegando da subito assetti navali nel teatro per proteggere i mercantili italiani. Asset, questi, che sono stati integrati nella più ampia missione multilaterale europea.

Quindici anni fa l'ombrello della protezione americana si estendeva a tutto il Mar Rosso. Nella sua ombra si proteggevano gli stati della penisola araba e della costa africana, attraverso l'ONU, l'Unione Africana e l'Etiopia di Meles Zenawi. Nell'ultimo decennio gli Stati Uniti hanno, tuttavia, diminuito l'impegno nella regione e la gestione del conflitto a Gaza ha ulteriormente ridotto la loro legittimità tra i paesi musulmani. Il tutto avviene mentre l'ONU si trova in una situazione di stallo, e le organizzazioni multilaterali della regione, in particolare l'Unione Africana e il Consiglio di Cooperazione del Golfo non riescono a colmare il divario. La conseguenza è che ci sono sempre meno freni al ricorso alle armi per risolvere dispute politiche in una regione ad alto tasso di insurrezioni armate, terrorismo e stati deboli.

Nel frattempo, dal primo gennaio di quest'anno ai cinque membri dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) si sono uniti Egitto, Iran, Etiopia e gli Emirati Arabi, mentre l'Arabia Saudita, invitata, ha posticipato la decisione. Questo gruppo nei fatti è un BRICS + Mar Rosso, unito dalla volontà di riscrivere le regole dell'economia mondiale senza alcuna subalternità ai paesi del G7, ma lungi dall'offrire una soluzione a conflitti e sicurezza regionale. In sintesi, ci troviamo di fronte al fine della Pax Americana in un'area strategica del mondo senza alcun ordine regionale o internazionale pronto a sostituirlo.

Per l'Italia c'è un prezzo strategico da pagare in una misura che non ha precedenti dalla Seconda guerra mondiale. Più la crisi del Mar Rosso si protrae, più aumenta il rischio che il Mediterraneo e la nostra economia diventino periferiche, specialmente se paragonate alla forte crescita dell'Indo-Pacifico.

Queste considerazioni sottolineano la necessità di sviluppare una strategia diplomatica per il Mar Rosso ed il Golfo di Aden di medio e lungo periodo, che vada oltre alle immediate operazioni navali per la protezione delle vie commerciali marittime e crei una nuova architettura diplomatica regionale, che possa far convergere gli interessi di Stati Uniti e Cina. Non è un'impresa impossibile soprattutto perché l'Arabia Saudita, che sta massicciamente investendo in progetti giga sulla sua costa del Mar Rosso e ha cambiato strategia in Yemen scegliendo il dialogo con gli Houthi, ha la diplomazia e le finanze necessarie per giocare un ruolo da protagonista in questa partita.

Ed è in questo contesto che l'Italia può fare la sua parte.

Gli ottimi rapporti personali del presidente Meloni con i leader di Arabia Saudita, oltre che Egitto ed Emirati Arabi, l'interesse senza precedenti verso l'Africa attraverso il Piano Mattei (è bene ricordare che il presidente Meloni sia l'unico capo di governo europeo ad aver incontrato tutti i leader del Corno d'Africa) e la presidenza del G7, offrono all'Italia l'occasione perfetta per accompagnare la costruzione di una nuova governance regionale e internazionale sul Mar Rosso.

*Senior Advisor
Fondazione Med-Or

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