Dopo il 15 febbraio non ci sarà un «liberi tutti». E quindi, probabilmente, non ci si potrà spostare tra le regioni e prenotare, se si vive in Lombardia, un week end in montagna in Veneto o in Piemonte. Il decreto legge Covid che prevede il blocco degli spostamenti anche tra le regioni gialle scade lunedì prossimo e sarà Giuseppe Conte, presidente del Consiglio uscente, ma tutt'ora incaricato degli affari correnti, a dover prorogare quella scadenza di qualche giorno, una settimana al massimo, per dare la possibilità al suo successore di affrontare il problema non in emergenza. Con ogni probabilità, infatti, il professor Mario Draghi non riuscirà a sedersi dietro la scrivania a Palazzo Chigi prima del 17-18 febbraio. Cioè dopo la scadenza del famigerato decreto spostamenti.
Del resto, Giuseppe Conte non incontrerà grandi ostacoli dal punto di vista sostanziale. Con l'aumento dei contagi e le varianti che si aggirano minacciose in ogni regione, allargare le maglie della circolazione nazionale sarebbe estremamente rischioso, come del resto aveva già dichiarato il ministro della Salute, Roberto Speranza: «Il virus circola e il rischio, anche per via delle varianti, resta alto. Non possiamo scherzare col fuoco». E anche dal Comitato tecnico scientifico ci sarebbe una propensione a posticipare la riapertura di circolazione tra le regioni. Questa decisione, però, dovrebbe essere adottata obtorto collo da Conte, perché fonti governative sostengono che spetta al nuovo esecutivo decidere. E quindi accollarsi il peso di questa impopolare decisione. È vero che, per prassi, un decreto legge non potrebbe essere neppure prorogato dal governo dimissionario. E su questa linea si è pronunciato anche il ministro degli Affari Regionali e le Autonomie, Francesco Boccia. In una nota inviata alla Conferenza delle regioni dichiara: «Il 15 febbraio scade il divieto tra le regioni, sarà il nuovo governo a fare una valutazione, sulla base del quadro epidemiologico, sulla mobilità tra le regioni nelle diverse fasce e in particolar modo in fascia gialla, anche perché conclude il ministro - eventuali misure limitative necessitano di un apposito decreto». Ma il nodo rimane. E la prassi, anche se pur consolidata, nel mezzo di una pandemia bisognerebbe accantonarla.
Se il nuovo incaricato Mario Draghi non avrà ancora finito l'iter parlamentare per il 15 febbraio (serviranno almeno un paio di giorni in più) il vuoto normativo rimane inammissibile. E un «liberi tutti» viene ritenuto inaccettabile sia da voci autorevoli del ministero della Salute sia all'interno del Cts che sarebbe favorevole ad una interpretazione più ampia di «affari correnti» visto che attualmente esiste un'emergenza sanitaria nazionale da non trascurare neppure per un periodo brevissimo. Oggi il nodo confini, con ogni probabilità verrà affrontato anche nella riunione straordinaria della Conferenza Stato-Regioni convocato d'urgenza per definire in modo univoco il piano vaccinale nella fase due. Attualmente c'è poca chiarezza soprattutto sui destinatari del vaccino Astrazeneca. La nota dell'Aifa, che ne consiglia l'utilizzo solo gli under 55enni, ha spiazzato il piano distribuzione approvato senza questa condizionalità. E ci si domanda quale sia la categoria che farà da apripista: docenti o poliziotti? Operatori dei trasporti o personale carcerario?
Ma ci sarà da affrontare anche la questione sci. Il 15 febbraio si potranno riaprire le piste.
Le linee guida sono state approntate dal Cts che hanno dato il via libera solo per gli impianti in zona gialla dopo aver bocciato la proposta delle regioni in base alla quale gli impianti avrebbero potuto riaprire anche in zona arancione, con una capienza ridotta al 50% su funivie, cabinovie e seggiovie e l'utilizzo obbligatorio di mascherine Ffp2. Ma a ridosso della riapertura, servirà anche un provvedimento del governo per dare il via libera? E di quale governo?
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