Il sentimento dominante quello che caratterizza la nostra epoca, quello che infiltra tutti i nostri pensieri e sentimenti, l'emozione di fondo di questo tempo è la paura. Una paura che stava serpeggiando già prima del Covid ma che poi col Covid è diventata paura per la propria vita, per quella dei propri cari, degli amici. Paura della morte improvvisa, violenta. Ma anche la paura di non poter fare nulla. Non poter viaggiare, non poter intraprendere una nuova attività, commerciare con un altro paese, presentarsi per chiedere un lavoro. E poiché tutto deve essere preventivamente autorizzato, non siamo mai sicuri di che cosa possiamo o non possiamo fare. Poi pensavamo che il vaccino avrebbe risolto le cose, c'è stato un momento di speranza quando abbiamo visto che il generale Figliuolo vaccinava milioni di persone e sembrava veramente che si intravvedesse le fine. Ma sin da subito anche nel vaccino si insinuavano i dubbi sull'Astrazeneca, comparsa di continue varianti... Eppure, nonostante i dibattiti continui, le proteste, le discussioni, in Italia si è arrivati a vaccinare l'80% della popolazione. Però le notizie di chi è più avanti di noi, come Israele non sono confortanti. Ci si avvia tutti a dover fare una terza dose. E allora la certezza, la fiducia nella scienza, viene sospesa da un dubbio insidioso che nessuna discussione può spegnere perché è in tutti coloro che discutono.
Ma se il nemico è la paura, se chi insidia tutto è la paura cosa si deve fare? Agire razionalmente, in modo efficace, rassicurare le persone, non creare né panico né situazioni coercitive violente. E mi viene in mente un breve film di Akira Kurosawa in cui c'è un battaglione di soldati giapponesi che marcia fieramente per la campagna. Impettiti, solidi, sicuri di sé, entrano in una galleria e quando escono dalla galleria si vede che sono stravolti, hanno la faccia bianca. Sono sconfitti, sbandati, morti. Non sanno cosa fare. Ciascuno fugge... Fino che a un certo punto il comandante reagisce, si ferma in mezzo alla strada e dà loro l'ordine di incolonnarsi in assetto militare e di andare avanti fieramente a testa alta Su questi volti bianchi ritorna il colore e riprendono fieri e compatti. Con questo film Kurosawa ci dice che la morte è paura, sbandamento, disordine, fuga.
E che per resistere alla paura e alle conseguenze che provoca occorre ricomporre l'unità della società, stare uniti, marciare uniti, agire razionalmente, ricostruire l'ordine sociale, la fiducia in se stessi e nel proprio futuro. Questa è la strada che dobbiamo seguire per vincere la paura coltivando dentro di noi fierezze, forza, coraggio e speranza.
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