Le donne la vogliono subito alla Difesa. E in futuro candidata alla Casa Bianca

L'ambasciatrice apprezzata per le sue posizioni contro il conformismo e a favore di Israele. Per Trump sarà decisiva per il voto di Midterm

Le donne la vogliono subito alla Difesa. E in futuro  candidata alla Casa Bianca

Magari è vero quello che si mormora, ovvero che sia già suo il posto di segretario della Difesa, dove oggi siede Jim Mattis, e che Trump vorrebbe occupasse prima del voto di novembre per riparare l'opinione pubblica femminile dopo il caso Kavanaugh. Oppure che nel 2020 invece di Pence sarà lei il vice presidente. C'è anche chi dice che fosse stufa perché Bolton e Pompeo, due grossi calibri in politica estera, le facevano troppa ombra. O che nessun ambasciatore americano all'Onu dura più di due anni, o che fosse malata, e che suo marito Michael la volesse un po' per sé. Non si sa, ma, soprattutto, non importa: dispiace comunque. Perché Nikki ha rovesciato l'Onu come un calzino vecchio, ha messo a nudo il perbenismo che consente, nella nebbia di una burocrazia malata, allo schieramento non allineato islamico e anche europeo di dominare le assemblee e la vita del dinosauro newyorchese. Ha sferzato il menefreghismo di chi usando i soldi americani poi odia gli Usa, di chi ha trasformato l'Onu in una palestra antisraeliana. Ha tolto la maschera che ha travestito da diritti umani l'odio antiamericano e antisemita.

È l'urbano volto umano dell'America di nuovo forte e in primo piano, avvocato della democrazia nel mondo che si impone con la rosa e la spada. Quanto la gestualità e lo stile di Trump è escoriante, altrettanto il suo è ragionevole. Placa e convince questa 48enne indiana la cui famiglia proviene dal Punjab, che segue sia il rito metodista sia quello sikh, una bella signora decisa e modesta, originariamente Nimrata Nikki Randhawa. Nella conferenza stampa di congedo, ha dichiarato che alle prossime elezioni non intende fare nient'altro che sostenere Trump, mentre già si pensava da tempo che sarebbe stata un ottimo candidato repubblicano. Ma magari nel 2024.

Nikki, che è stata un bravo governatore del Sud Carolina, nel 2016 teneva pubblicamente per Marco Rubio e si era dichiarata, al momento della nomina di Trump: «A suo favore, ma non una fan». Aveva dichiarato fin dall'inizio di accettare l'Onu a condizione di essere membro del National security council, e di poter dissentire, alzare il telefono, parlare direttamente col presidente. A volte ha dissentito pubblicamente, come quando Trump minacciava il bando religioso sull'immigrazione: là Nikki ha sostenuto che tutte le religioni sono uguali e ha detto che non avrebbe sostenuto il presidente. Ma in genere ha fatto da battistrada in battaglie fondamentali, le sanzioni alla Russia per l'Ucraina, il bando alle armi chimiche di Assad, la sfida all'Iran e agli hezbollah, il sostegno per Israele e per la scelta di Trump di portare l'ambasciata a Gerusalemme. «Prenderemo i nomi» degli Stati che hanno votato contro.

Non ha esitato a ritirare gli Stati Uniti dall'Unesco e dal Consiglio per i Diritti Umani una volta verificato che il loro lavoro è basato solo sul pregiudizio indotto dal lavorio dei Paesi islamici contro Israele. L'Onu ha tremato per il suo lavoro, adesso che lascia non è facile immaginare un ambasciatore determinato come lei.

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