«Cu tu fa fari
(chi te lo fa fare), perché sul caso Cospito era più comodo stare in silenzio e girarsi dall'altra parte. Ma noi abbiamo difeso il 41bis, la sinistra ha sollevato tanto polverone. Poi però non c'è stata più una sola persona di sinistra a metterci la faccia per difendere Cospito». Il vicepresidente del Copasir, Giovanni Donzelli (FdI) chiama in causa il M5s per le centinaia di detenuti che, in piena pandemia, sono passati ai domiciliari, anche esponenti di spicco della criminalità organizzata. «Mafiosi scarcerati con la scusa del Covid accusa Donzelli -. Sono stati momenti in cui lo Stato non ha avuto la schiena dritta». Scontro aperto col M5s: «Dopo quelle scarcerazioni siamo intervenuti immediatamente con due decreti legge e con ispezioni ministeriali».
A Palermo, il sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro ha difeso il 41 bis. Delmastro, con Donzelli, è stato protagonista di un caso scaturito proprio dalla protesta dell'anarchico. «Quando Cospito decise scientemente con la criminalità organizzata di proseguire la guerra volta a far venire giù il carcere duro - ha detto - qualcuno come me e l'amico Giovanni Donzelli ha intravisto tutto ciò e ha osato anteporre il proprio petto. Quel qualcuno è finito processato e tutti gli altri no. L'abbiamo fatto in modo consapevole.
Al convegno palermitano «Parlate di mafia», Donzelli ha palesato il pieno appoggio alla procura di Caltanissetta che ha svelato un «golpe fascista». «Complimenti alla magistratura ha detto -. Quando fanno operazioni per difendere la legalità siamo sempre dalla loro parte. Come istituzioni ne sosteniamo l'impegno». Il piano di matrice fascista era volto a controllare i magistrati «scomodi», realizzando campagne critiche per screditarli. Non si trovano riscontri sui «pezzi grossi» del governo che, stando agli intercettati, li avrebbero sostenuti. È la stessa procura di Caltanissetta a ritenere che gli intercettati millantino di aver avvicinato i vertici di governo. Nell'ambito della stessa inchiesta, coordinata dalla Dda di Caltanissetta, sono scattati due arresti eseguiti dalla Dia, ma riguardano un altro filone, legato all'ipotesi di un ruolo del leader di Avanguardia Nazionale Stefano delle Chiaie (morto nel 2019) nella strage di Capaci. Ai domiciliari il suo avvocato storico Stefano Menicacci, 91 anni, ex deputato Msi, e Domenico Romeo, autista e tuttofare del legale, accusati di false informazioni a pubblico ministero aggravate dall'aver mentito in un procedimento per strage. L'inchiesta sul piano eversivo per delegittimare le toghe scomode prende avvio proprio nell'ambito degli accertamenti su presunti interessi dell'eversione nera nella strage di Capaci. Nello specifico, si stava indagando sulla presenza di Stefano delle Chiaie in Sicilia in quel periodo - presenza che Menicacci, intercettato, diceva agli interlocutori di negare, fornendo a Romeo un decalogo a cui attenersi dinanzi ai pm - quando salta fuori l'intento di costituzione di un «Osservatorio» delle attività della magistratura, del quale avrebbero dovuto fare parte anche componenti occulti per colpire magistrati non graditi. Tra questi componenti segreti ci sarebbe dovuto essere Giuseppe De Benedictis, condannato per corruzione in atti giudiziari e perché trovato con un arsenale. Al progetto avrebbero preso parte Adriano Tilgher, esponente di spicco della disciolta Avanguardia Nazionale, condannato nel 1981 per riorganizzazione del partito fascista, luogotenente dell'eversore nero Stefano Delle Chiaie, l'avvocato Saverio Ingraffia e il docente universitario Francesco Scala, che si definivano «nuovi fascisti». Devono rispondere di associazione a delinquere e di violazione della Legge Anselmi sulle associazioni segrete.
Il progetto, stando alle intercettazioni, è già stato adottato, e prevede pure l'intento di ricevere l'avallo di altissimi livelli del Potere Esecutivo e di altri. «Avallo che gli associati affermano di avere già ottenuto» scrive la procura, che precisa che però «nessun esponente delle Istituzioni è sottoposto ad indagini».
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