Doppio gioco di Berlino su Ong e piano migranti

Blitz tedesco: una clausola a favore delle navi soccorso da inserire nel patto. Sorpresa: 7 fanno rotta verso l'Italia

Doppio gioco di Berlino su Ong e piano migranti
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A parole tutto bene. Ma in Europa le parole contano poco visto che persino gli accordi già sottoscritti (il Memorandum con la Tunisia insegna) hanno vita breve. Dunque i risultati dell'incontro di ieri a Berlino tra il nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani e la sua omologa tedesca Annalena Baerbock andranno valutati nel tempo.

E scarsi successi, per non dire gelo, si sono registrati anche al Consiglio affari interni di Bruxelles abbandonato dal nostro ministro Piantedosi per discutere a Palermo con i suoi omologhi di Libia e Tunisia nuove misure per arginare le partenze dei migranti. Proprio a Bruxelles è apparso chiaro il disegno di Berlino. Niente ok al patto europeo se prima non si riconosce il ruolo delle Ong. Le quali, come è noto, scaricano i clandestini nei porti più vicini, e quindi in Italia. Sull'emendamento tedesco s'è giocato un duello. Roma ha naturalmente puntato i piedi. Ma l'ha spuntata perché avrebbe potuto passare a maggioranza ma altri partner hanno detto «no». Senza l'ok dell'Italia, il «lodo Ong» non passa. In più, proprio mentre Tajani era impegnato in un faccia a faccia con l'omologa Baerbock a Berlino, la notizia che sette navi, di cui quattro battenti bandiera tedesca, bighellonano nel Mediterraneo, pronte alla raccolta di migranti. Uno schiaffo, insomma. Con il conseguente stallo perché la posizione italiana è nota: nessuna ostilità preconcetta alle Ong a patto che i salvataggi non vengano scaricati tutti nel nostro Paese.

Sulle dichiarazioni finali del summit di Berlino l'unica ricucitura riguarda la voragine aperta dalle dichiarazioni del deputato leghista Andrea Crippa pronto a paragonare la Germania di oggi a quella nazista. «Le parole di un parlamentare non esprimono la posizione del governo», ha chiarito Tajani rispondendo alla Baerbock nella conferenza stampa finale. Insomma un evidente presa di distanza dalle dichiarazione di Crippa. Sufficiente? Forse. Ma già il fatto che la questione sia stata rivangata in maniera esplicita davanti ai giornalisti, e non risolta nel colloquio a quattr'occhi, fa capire quanto lacerante sia stato l'affondo leghista. Ma a conti fatti sembrerebbe la ricucitura meglio riuscita.

Sul tema dei finanziamenti alla Ong, a cui Giorgia Meloni aveva risposto con una durissima lettera al cancelliere Olaf Scholz, le distanze permangono. Non solo. L'Italia esprime «sorpresa» per la presenza di 7 navi gestite dalle ong che navigavano tra Libia, Tunisia e Italia di cui quattro battenti bandiera tedesca, «proprio mentre era in corso il vertice a Berlino», fanno sapere da Palazzo Chigi. «Nessuno fa la guerra alle ong, però non possono essere una sorta di calamita per attrarre migranti irregolari portati - rimarca Tajani - sempre e soltanto in Italia». Vale a dire: una nave tedesca soccorre un barcone? L'equipaggio faccia rotta in un porto tedesco. Parole che Tajani non avrebbe certo pronunciato se la sua omologa gli avesse promesso il blocco dei finanziamenti alle navi delle Ong. A confermare il persistente disaccordo ci pensa la Baerbock ricordando che i finanziamenti continueranno fino a quando non verrà messa in cantiere una missione navale Ue capace di prendere il posto delle navi delle Ong. «Personalmente mi dispiace molto non avere più Mare Nostrum come qualche anno fa e quindi, fin quando non esisterà, i soccorritori civili svolgono questa funzione di salvare le persone che si trovano in difficoltà in mare», sottolinea la ministra tedesca rimarcando che «i fondi saranno versati tra poco». La sottolineatura lascia poco spazio per la riconciliazione. L'Italia, infatti, non accetterebbe mai una missione navale Ue pronta a scaricare i migranti nei propri porti. Insomma per trovare segnali d'intesa bisogna aggrapparsi alle fumose dichiarazioni di principio.

Un fronte su cui la Baerbock si dimostra particolarmente generosa. Soprattutto quando ribadisce che «l'Europa comune inizia ai confini esterni» e deve «lavorare a soluzioni congiunte». Parole tanto belle quanto effimere.

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