"Dossier, gravità inaudita. Toghe coinvolte? Interverrò". Intervista a Carlo Nordio

Il ministro della Giustizia: "Non sappiamo ancora quale sia l'estensione reale di questo scandalo"

"Dossier, gravità inaudita. Toghe coinvolte? Interverrò". Intervista a Carlo Nordio

Carlo Nordio, 77 anni, ex magistrato, è uno dei ministri più attivi, ed è sempre al centro delle polemiche. È guardasigilli, e sulla giustizia la polemica è inevitabile.

Signor ministro, qui in Italia c'è uno scandalo: gli oltre 200 mila dossier raccolti in modo illegale a danno di altrettante persone, tra le quali, probabilmente, molte personalità della politica. È coinvolta la Superprocura antimafia. Un fatto clamoroso che ricorda lo scandalo Sifar degli anni 60.

«Le dimensioni di queste interferenze illecite sono state denunciate sia dal procuratore antimafia sia dalla Procura di Perugia. Non sappiamo ancora quale sia la loro estensione reale, ma essa dovrà esser accertata, nel rispetto delle rispettive competenze, sia dalla magistratura sia dalla Commissione antimafia. Nel caso in cui fossero coinvolti magistrati, il mio ministero interverrebbe secondo i suoi obblighi istituzionali. Una cosa è certa: si tratta di fatti di gravità inaudita, sui quali va fatta chiarezza senza indugio».

Questa chiarezza è stata fatta nella vicenda Palamara?

«Purtroppo no. Condivido in pieno l'opinione del collega Gratteri, con il quale spessissimo sono in completo e cordiale disaccordo, che Palamara non agiva da solo, e che nel Csm bisognava voltare pagina. Invece sulla pentola bollente è stato messo un coperchio frettoloso, che ha contribuito al discredito della magistratura. Ma ovviamente c'è sempre la possibilità, e direi la necessità, di fare quella chiarezza che a suo tempo è mancata».

Paolo Mieli, storico e giornalista sempre moderato, sostiene che c'è una centrale che governa i dossier, e che se non si stronca finisce che diventa inutile persino andare a votare perché il potere è tutto in mano a questa centrale. Esagera?

«Paolo Mieli è un acutissimo osservatore della politica e anche della giustizia, ed è stato il primo a definire il sistema Palamara un verminaio. Purtroppo non è stato ascoltato. Non so se ora stia esagerando. So solo che le sue osservazioni dovrebbero esser tenute nella dovuta considerazione. Per quanto è di nostra competenza lo saranno».

Lei sa che c'è un'inchiesta giudiziaria su due giornalisti che avrebbero molestato una loro collega. Molto silenzio e niente codice rosso. Come mai? Ci sarà mica ogni tanto qualche indulgenza della magistratura verso alcuni settori del giornalismo?

«Su questa vicenda ho già dato una risposta interlocutoria al question time al Senato. Valuteremo tutta la documentazione che abbiamo chiesto alla magistratura intervenuta nell'indagine».

In settimana il governo dovrebbe approvare il decreto flussi. Finalmente un riequilibrio tra migranti irregolari e clandestini?

«La normativa vigente è frutto di una sedimentazione di leggi accavallatesi in più di vent'anni, sulla quale cerchiamo di mettere ordine. Ma le regole di base sono e dovrebbero essere quelle della Legge Turco-Napolitano del governo Prodi del 1998. Che io stesso ho applicato come magistrato, e che mi permetto di riassumere: a) salvo gli appartenenti alla Ue e altre eccezioni, in Italia si entra solo con regolare permesso; b) chi entra irregolarmente viene espulso; c) chi ci rimane nonostante l'espulsione viene processato e punito. Tutto questo è in armonia con il diritto internazionale, e con quello che stanno facendo tutti gli altri Paesi. Purtroppo da noi le varie interpretazioni si sovrappongono alle leggi, e magari le alterano. Stiamo cercando di portare ordine e certezza del diritto».

Le Ong, secondo lei, fanno il gioco degli scafisti?

«Non so quale sia il loro obiettivo reale. So solo che secondo il diritto internazionale lo Stato di prima accoglienza è quello della bandiera della nave, che nelle acque internazionali è una protesi del suo territorio. Quindi i migranti, una volta soccorsi e magari accolti per ragioni di urgenza in Italia, dovrebbe esservi rispediti».

Lei sostenne di avere letto l'ordinanza di arresto dell'ex governatore della Liguria Giovanni Toti e di non averci capito niente. Disse che trovava più chiari gli scritti di Hegel. Poi però Toti ha patteggiato...

«Per quanto riguarda lo stile, quello che Montanelli chiamava il nostro giuridichese è in effetti spesso più oscuro della Fenomenologia dello Spirito. Sul patteggiamento, da ex pm posso dire che molti imputati patteggiano per evitare le estenuanti e costose sofferenze del processo. Sono scelte individuali sulle quali non è bene pronunciarsi. Tuttavia potrei anche invertire la questione, e domandarmi perché i magistrati abbiano accettato un patteggiamento su un reato minore, dopo anni di intercettazioni - complesse e temo assai costose - che ritengo siano state chieste e autorizzate per reati ben più gravi».

La sinistra protesta contro la nuova legge sulla sicurezza. Dicono che sia repressiva. Lei come risponde?

«Forse bisognerebbe chiederlo alle vittime di questi odiosi reati. Ancora una volta osservo che garantismo non significa né perdono indiscriminato né indifferenza verso le aggressioni all'incolumità e ai beni delle persone».

C'è una norma che prevede l'arresto, anche - come si dice in gergo - in flagranza differita per chi aggredisce il personale nei Pronto Soccorso. Si risolverà questo problema?

«Nessun fenomeno criminale può essere risolto da una norma, ma può essere ridotto. Negli ultimi tempi le aggressioni nei confronti dei sanitari che si occupano della nostra salute, e che operano spesso in condizioni precarie e disagiate, avevano assunto dimensioni tali da compromettere la loro stessa funzione. Con questo decreto, chi usa violenza negli ambulatori e nei luoghi equiparati sa che finirà arrestato, nell'immediatezza del fatto o entro le 48 ore successive. É una norma che tutela non solo medici e infermieri, ma gli stessi cittadini, che sono le prime vittime di queste odiose forme di selvaggia inciviltà».

La Procura di Firenze ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro l'abrogazione dell'abuso d'ufficio. E' stata una iniziativa saggia?

«Proprio per niente.

Il reato ormai è abrogato. Che senso avrebbe una dichiarazione di incostituzionalità della norma che l'ha eliminato? Certo non potrebbe farlo rivivere. Credo che queste eccezioni saranno tutte dichiarate inammissibili».

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