Nostro inviato a Amatrice (Ri)
Uno non ce l'ha fatta, l'altro è appeso a un filo così sottile che neppure i parenti osano sperare.
Il terremoto che ha sconvolto Amatrice la notte tra martedì e mercoledì non ha avuto pietà per i più piccoli. Come Simone e Andrea Serafini, due gemellini di sette anni passati dal sonno all'angoscia di sentirsi sprofondare tra le macerie del posto più sicuro, la propria casa. Non solo, la propria camera da letto. I soccorritori ieri mattina hanno cercato subito di salvarli, guidati dalle zie dei due bimbi. Hanno parlato ai piccoli e poi hanno trovato Simone, lo hanno raggiunto, messo sulla barella e portato fuori. Hanno tentato di rianimarlo tra le lacrime e le urla disperate della zia Maria Rita, convinta che Simone fosse già morto, eppure quel piccolo corpo ferito è salito sull'eliambulanza per volare a Roma, in ospedale, provando a restare attaccato alla vita.
Chi non ce l'ha fatta è Andrea. I volontari hanno rischiato la loro vita per salvarlo, infilandosi tra sassi e detriti, sotto le travi pericolanti della casa nel centro di Amatrice, pur sapendo il pericolo che correvano, con le scosse che continuavano a far rimbombare la terra sotto la città sabina. Ma Andrea è uscito da quell'inferno di polvere avvolto in una coperta, senza più una speranza. Senza più vita. Una storia straziante, un fato ingiusto purtroppo comune ad altre piccole vittime del sisma di ieri notte.
«Tutti i ragazzini, tutti i ragazzini con le mamme, questo non si può sopportare», quasi singhiozza una signora davanti all'ingresso dell'ospedale, snocciolando con un'amica una conta dei tanti, troppi più piccoli che sono dispersi. Una lista preoccupata, basata sugli incontri degli ultimi giorni, sulle cene, sulla vita di un paese dove tutti conoscono tutti. «La figlia di Sabrina... speriamo di no, ma sta lì, e hanno trovato Rocco con la moglie, morti. E Rita, che ieri era arrivata dalla nonna... Pure la figlia del macellaio».
È una cantilena che sembra la parodia crudele e ingiusta di un bonario pettegolezzo di paese. E il volontario con gli occhi lucidi che racconta la sua prima operazione di salvataggio della giornata, divenuta un mesto recupero. «Prima ho tirato fuori la moglie, poi ho trovato il marito. E alla fine c'era la figlioletta, 13 anni. L'ho presa in braccio io e non c'era più niente da fare». Il lieto fine con un terremoto così è un'eventualità per niente scontata.
Un tiro di dadi, un gioco a testa o croce che però ha salvato la vita a due ragazzini, dando merito alla prontezza di spirito e di riflessi dei nonni. Che, capita la mala parata, hanno preso i nipoti infilandoli di forza sotto il letto mentre il mondo intorno tremava e cadeva a pezzi. Loro è la donna sono vivi. Lui è tra i dispersi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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