"Dubito che il Terzo Polo rubi voti a Fi. La maggioranza dei seggi al centrodestra"

Ma il sondaggista avverte: "A volte è successo il contrario delle previsioni". Sul Pd: "Chi è di sinistra lo vota comunque. Con o senza Calenda e Di Maio"

"Dubito che il Terzo Polo rubi voti a Fi. La maggioranza dei seggi al centrodestra"

«Enrico Letta rischia di andare incontro a una sconfitta storica peggiore di quella di Renzi nel 2018». Il sondaggista Renato Mannheimer non vede un futuro roseo per il segretario del Pd, dopo la rottura del patto con il leader di Azione, Carlo Calenda. Ma questa tornata elettorale potrebbe rivelarsi un vero terno al lotto per tutti. «Credo che i partiti stiano impazzendo per comporre queste liste», sentenzia il decano dei sondaggisti.

Ora che il patto tra Letta e Calenda si è rotto, cosa succederà?

«Letta si è spostato a sinistra e, se i sondaggi sono giusti, perde le elezioni. Bisognerà, poi, vedere se Calenda e Renzi si accordano per andare insieme. Loro, però, sono consapevoli dei rischi, mentre Letta si trova in una situazione veramente difficile».

Calenda, invece, può raccogliere più voti alleato con Renzi o col Pd?

«Secondo me, Calenda prende più voti se si sposta al centro perché vi sarebbe un cambiamento dell'offerta politica. Un embrione di centro, sulla carta, potrebbe accogliere molti elettori moderati che, in alleanza col Pd e con Fratoianni, non lo avrebbero votato. Dubito, però, che vi sarà un grande flusso di elettori scontenti di Forza Italia che abbandonerebbero il centrodestra per votare due esponenti provenienti dalla sinistra. Detto questo, il centro può ambire al 10-15%. Sul piano dei voti è un vantaggio, ma per quanto riguarda i posti in Parlamento no».

In questo contesto, si può ancora parlare di collegi sicuri all'uninominale?

«Di sicuro non c'è nulla. Di collegi molto probabili ce ne sono, ma la coalizione di centro non avrebbe alcuna speranza di conquistarne. Letta, poi, per ora, ha escluso di allearsi con i Cinquestelle ma, se dovesse cambiare idea, potrebbe prendere molti collegi al Sud».

Ora, in una situazione tripolare, lo svantaggio del centrosinistra nell'uninominale aumenta?

«Sì, esattamente non saprei quantificarlo. Sia Ceccanti sia Diamanti e Pregliasco prevedono da 15 a 30 seggi. Plausibilmente, quella è la cifra, ma è molto difficile da definire perché i sondaggi non sono fatti per collegio. I Cinquestelle, però, farebbero la differenza, ammesso che al Sud vengano rivotati. In questo caso, scatterebbero molti più seggi di quelli che lascia per strada Calenda».

Ma, ora, col taglio dei parlamentari, sono diminuiti i collegi blindati anche nel proporzionale?

«Sì, sono davvero pochi e, con la diminuzione dei numeri dei parlamentari, c'è stata un'ulteriore riduzione. Ma non solo. Dei 5 o 6 candidati presenti nei listini bloccati proporzionali saranno eletti i primi due. Al massimo, tre».

Ai leader di partito conviene candidarsi nei collegi proporzionali?

«Sì, perché sull'uninominale ci sono pochissimi collegi sicuri. Nei collegi proporzionali, invece, il problema di non passare ce l'ha soprattutto la pletora di ex parlamentari che vuol essere rieletta».

Anche i big, quindi, possono rischiare di trovarsi senza seggio?

«Candidati nel proporzionale al primo posto e in un collegio sicuro, forse, i big non corrono rischi. Tutto dipende dal collegio e dalla posizione in lista».

Crede che vi saranno più new entry o più conferme tra i parlamentari?

«Il centrodestra avrà la maggioranza dei seggi e non sappiamo ancora se sarà orientato a confermare soprattutto gli uscenti oppure se vorrà fare un ricambio. Il Pd, a mio avviso, confermerà gli ex».

Ora, senza Calenda, per il Pd viene meno la necessità di riservare «diritti di tribuna» per gli alleati. È una buona notizia o non cambia nulla?

«Non essendoci le preferenze, l'elettore vota il partito senza neanche guardare i listini dei candidati. L'elettorato, in genere, vota in base al leader e al partito. Detto questo, una personalità come Di Maio, magari candidato a Pomigliano d'Arco, qualche voto lo porta».

E se ci fosse stato Calenda?

«Forse sarebbe stato diverso, ma in fondo chi è di sinistra vota comunque Pd. Con o senza Di Maio o Calenda».

Con questo sistema elettorale e con queste coalizioni, si avrà un risultato che sarà una sorta di terno al lotto?

«Tutte le elezioni dipendono molto dalla campagna elettorale sui

contenuti e dal fatto che tanti elettori decideranno all'ultimo minuto. È ragionevole pensare che vinca il centrodestra, ma in tante tornate elettorali abbiamo visto che è successo il contrario di quanto avevamo previsto».

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