Due milioni in piazza e l'odio contro Sánchez: "L'amnistia è un golpe"

Il centrodestra critica l'accordo per il governo che concede la grazia ai leader catalani: "Voti comprati"

Due milioni in piazza e l'odio contro Sánchez: "L'amnistia è un golpe"
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Davvero il Partito socialista europeo ha avuto il tempo di occuparsi di Edi Rama per l'accordo sui migranti con Giorgia Meloni e non di Pedro Sánchez per questa incresciosa vicenda? Mai nell'ultimo mezzo secolo si era vista in Spagna una mobilitazione popolare di piazza così imponente: ci è voluto il Sanchismo socialista, che ha raggiunto un accordo con i separatisti catalani per avere la maggioranza in Parlamento, pur non avendo vinto le elezioni.

Dopo dieci giorni di proteste ininterrotte, ieri Madrid e 52 capoluoghi di provincia hanno visto sfilare 2 milioni di cittadini e cittadine inviperiti contro l'amnistia promessa a Puidgemont. Alla testa della protesta il Partito popolare: José María Aznar, Isabel Díaz Ayuso, Alberto Núñez Feijóo, José Luis Martínez Almeida e Afonso Serrano, con il sostegno di Vox, dalla Puerta del Sol di Madrid hanno lanciato un segnale, servono nuove elezioni. «Non smetteremo di parlare fino a che non parleranno di nuovo le urne», ha dichiarato il leader del Partido Popular spagnolo, Alberto Nuñes Feijoo e ha accusato Sánchez di aver «comprato l'investitura in cambio dell'impunità giudiziaria dei suoi soci, pagata con le tasse degli spagnoli, ciò che si sta facendo è il contrario di ciò per cui abbiamo votato». Per questa ragione ha chiesto di costruire un grande processo di comprensione, come nella Transizione e di non cadere nelle provocazioni della sinistra. «Fate loro sapere che non ci intimidiranno, migliaia di socialisti non sono d'accordo con il loro segretario generale».

Raddoppia la dose il numero uno di Vox, Santiago Abascal, secondo cui «siamo in molti a pensare che sia in atto un colpo di stato», aggiungendo che la società spagnola deve essere in «mobilitazione permanente, perché la Spagna sta vivendo un colpo di stato di Sánchez, capace di concedere l'amnistia ad altri politici per restare al potere». Il premier socialista si difende e respinge le accuse, anzi ritiene che proprio le sue concessioni al movimento indipendentista consentiranno alla Spagna di essere governata riconoscendone la sua diversità territoriale. Contro di lui però non ci sono solo gli spagnoli in piazza, ma anche giuristi e l'Ue: due giorni fa il commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders, ha chiesto spiegazioni al governo per l'amnistia. C'è inoltre a far notizia una lettera di più di 300 illustri giuristi tra i cui firmatari spicca Teresa Freixes, in cui si chiede alla Commissione europea di intervenire nel «grande danno» che l'amnistia causerebbe allo Stato di diritto. Freixes in un recente discorso pubblico ha sottolineato che coloro che sostengono la decisione presa dal governo Sánchez «dovrebbero vergognarsi di trovarsi da quella parte della storia» e che l'unica giustificazione per la futura amnistia di Puigdemont è una «famigerata compravendita di voti».

Le immagini di ieri, come quelle dell'ultima settimana con scontri e feriti, non si ricordano neanche nei giorni di estrema crisi del governo Gonzales, con diffusi episodi di corruzione e criminalità. Dunque Sánchez adesso ha i voti necessari per governare e nella seduta del 16 novembre potrebbe esserci l'ufficialità, a meno che il Paese che gli sta sfuggendo di mano influisca più di accordi e voti di scambio.

Una vera e propria onda civica quella di ieri in Spagna, che punta il dito contro il Psoe che sottomette la sua storia all'interesse di un leader capace di andare contro il sentimento del suo Paese, prima che dei suoi elettori.

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