Dovevano essere i processi della riscossa, quelli che inchiodavano Silvio Berlusconi - uscito assolto dal «caso Ruby» - alla nuova colpa contestata dalla Procura di Milano: quella di essersela cavata solo grazie alla corruzione dei testimoni venuti in aula a raccontare che alle sue feste nella villa di Arcore non si faceva niente di male. Ma la riscossa parte male. Ieri arriva a sentenza il primo dei processi scaturiti dal nuovo filone, quello - celebrato davanti al tribunale di Siena - che vedeva il Cavaliere accusato di corruzione giudiziaria per avere comprato le bugie di Danilo Mariani, il pianista che allietava le serate di Villa San Martino. Ed ecco la sentenza: «il fatto non sussiste». Vengono assolti sia Berlusconi che Mariani: per l'ex premier la Procura aveva chiesto quattro anni e due mesi di carcere, per il pianista quattro e mezzo.
Sconfessione piena, dunque, che arriva a conclusione di un processo non facile, segnato dai rinvii per motivi di salute chiesti dal Cav, e da una certa insofferenza del tribunale. Al punto che ieri, quando il giudice Simone Spina rifiuta di ascoltare nuovi testi invocati da Federico Cecconi, legale di Berlusconi, alcuni esponenti del centrodestra mostrano preoccupazione. Anche perché il giudice Spina è un noto esponente di Magistratura democratica. E soprattutto perché l'accelerazione fa temere che l'obiettivo sia colpire Berlusconi con una condanna proprio mentre entra nella fase calda la corsa al Quirinale, e nel centrodestra (ma non solo) la candidatura del leader di Forza Italia viene considerata naturale. Farne un pregiudicato vorrebbe dire tagliarlo fuori dai giochi.
I timori svaniscono alle 17, quando Spina esce dalla camera di consiglio e assolve tutti con formula piena. Il sollievo nello staff difensivo è palpabile, e su Berlusconi fioccano le chiamate e i complimenti: gli telefonano gli alleati Giorgia Meloni e Matteo Salvini, mentre lo stato maggiore forzista (tra gli altri Mara Carfagna, Annamaria Bernini, Licia Ronzulli) plaude a una sentenza che «libera Berlusconi da accuse ignominiose».
Ma è chiaro che la partita è appena gli inizi. Perché il processo senese è solo il primo ad arrivare a sentenza, ed oggettivamente quello dove la posizione di Berlusconi era più solida: perché i pagamenti a Mariani avvenivano ben da prima del caso Ruby, trattandosi del pianista di fiducia del Cavaliere, retribuito regolarmente in chiaro. E il tribunale ha ritenuto che non ci fosse alcuna prova che gli ultimi versamenti avessero motivazioni diverse, collegate alla testimonianza di Mariani nell'aula del processo principale. Mariani per i giudici ha mentito, e infatti è già stato condannato per falsa testimonianza. Ma non lo ha fatto perché indotto o pagato.
A Milano, dove le udienze del caso Ruby ter si trascinano da anni, la situazione è più complessa: l'ex premier è sotto accusa per i versamenti a favore delle cosiddette «Olgettine», iniziati solo dopo che le ragazze erano state interrogate sull'andamento delle feste. Anche qui la difesa è convinta di dimostrare che si trattava solo di aiuti umanitari a giovani finite nel tritacarne mediatico, ma lo scontro è aperto. La possibilità che una sentenza faccia irruzione nelle trattative per la presidenza della Repubblica è remota, perché i testimoni d'accusa sono quasi finiti, ma le difese devono ancora cominciare.
Ma a macchiare la candidatura del Cavaliere potrebbero essere gli interrogatori in aula di alcune delle imputate, che a margine delle udienze hanno già annunciato di essere pronte ad accusare Berlusconi.
La difesa del leader azzurro ha chiesto al tribunale di spostare tutti gli interrogatori degli imputati alla fine del processo, dopo che avranno parlato i testi della difesa. Ma la Procura si è opposta. E dal prossimo mese la sfilata di fanciulle che accusano «Papi» di averle corrotte è pronta a irrompere nei telegiornali.
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