Nella totale disattenzione dei media, concentrati sulle minacce di guerra che incombono sull'Ucraina, la Russia si è annessa di fatto un'altra Repubblica ex sovietica: la Bielorussia. Lo ha fatto osservare ieri a Bruxelles il ministro degli Esteri austriaco Alexander Schellenberg. «Ho i miei dubbi che le truppe di Mosca lasceranno mai il Paese ha detto l'ex premier di Vienna -. Con le sue scelte Lukashenko ha di fatto rinunciato alla sovranità del suo Paese». Non solo: il dittatore si appresta a concedere a Vladimir Putin il diritto di stanziare in Bielorussia parte del suo arsenale atomico e così minacciare più da vicino l'Est europeo. Per domenica prossima è già fissato un referendum per rinunciare allo status di Paese denuclearizzato cui la Bielorussia è impegnata dal 1994.
È stato in effetti lo stesso dittatore di Minsk a confermare che le decine di migliaia di militari russi, giunti in Bielorussia nelle scorse settimane per esercitazioni missilistiche congiunte e da allora minacciosamente ammassate ai confini settentrionali ucraini, rimarranno a lungo dove sono. Appena pochi giorni prima, il governo bielorusso aveva assicurato in tono solenne che al termine delle esercitazioni «non un singolo soldato russo sarebbe rimasto». Poi qualcosa è cambiato. Lukashenko, che a quelle esercitazioni aveva presenziato di persona insieme con Putin, aveva reso noto che «dopo tante incomprensioni ora il rapporto tra Mosca e Minsk è solidissimo». E fonti russe hanno poi comunicato che «visto l'inasprimento della situazione nelle repubbliche del Donbass» le esercitazioni (la cui fine era prevista ormai diversi giorni fa) continueranno indefinitamente.
È evidente che, da quando Putin è intervenuto in Bielorussia per sostenere la repressione della rivolta popolare seguita alla truffa delle elezioni presidenziali dell'agosto 2020, Lukashenko può rimanere al potere solo come vassallo di Putin. Il quale verosimilmente non tarderà a siglare con Minsk un accordo per ospitare sul suo territorio parte dell'arsenale nucleare russo, che potrebbe minacciare con missili tattici la Polonia e i Paesi baltici. In attesa di metter le mani sull'Ucraina, dunque, Putin si mangia la Bielorussia e innesca una nuova escalation. Prosegue così il processo di ricostituzione del defunto impero russo, cui il leader di Mosca appare sempre più chiaramente dedito. Se ne occupa in toni preoccupati la prestigiosa rivista americana Foreign Affairs: «E se vincesse la Russia?», è il titolo dell'analisi, che invita a considerare la concreta ipotesi che un'Ucraina caduta sotto il controllo di Putin «trasformerebbe l'Europa», dando a Mosca un pericolosissimo potere.
Gli analisti invitano al raffronto con quanto accaduto in Siria, dove Putin decise di intervenire nel 2015 a sostegno del traballante regime alleato di Bashar el-Assad: l'allora presidente Usa Barack Obama pronosticò che la Russia vi si sarebbe impantanata, mentre invece non solo Assad è stato salvato, ma Mosca gioca ora in Medio Oriente un inedito ruolo da protagonista. In Europa, avverte «Foreign Affairs», potrebbe succedere qualcosa di molto simile. Eppure, in Occidente, non si nota adeguata consapevolezza di quanto convenga salvare Kiev dalle mire del megalomane «zar».
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