E ora il governo pensa a una misura sostitutiva

Il ministro Calderone: "Vareremo uno strumento per facilitare l'ingresso al lavoro"

E ora il governo pensa a una misura sostitutiva

Un «nuovo reddito di inclusione attiva», che superi l'attuale reddito di cittadinanza» diventato uno strumento di puro assistenzialismo, inutile per il reinserimento lavorativo dei non occupati (si veda il flop dei «navigator»). Quello che il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha in mente è un meccanismo molto diverso dal sussidio inventato dai Cinque Stelle e difeso a spada tratta da Conte perché rivelatosi un formidabile strumento di consenso per il M5s soprattutto al Sud. Per certi aspetti più simile al Rei, il Reddito di inclusione introdotto nel 2017 dal governo Gentiloni (molto meno generoso del RdC, e soprattutto sotto il più stretto controllo dei Comuni), il nuovo reddito del governo Meloni è stato illustrato a grandi linee dal ministro Calderone nell'audizione in commissione Sanità e lavoro al Senato. «L'obiettivo è quello di riaccompagnare al lavoro quante più persone possibile, perché la dignità del lavoro è il punto fondamentale. I giovani si devono arrabbiare con noi se non hanno le condizioni per trovare un posto di lavoro, non perché gli togliamo il sussidio» ha detto il ministro, spiegando il «doppio binario» su cui si muoverà il governo nel 2023.

Uno è già noto dalla legge di Bilancio, ed è la revisione della platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza, ora estesa anche a persone che potrebbero lavorare (e magari lo fanno, ma in nero). Il governo ha individuato in circa 660mila i beneficiari del Rdc che sono sulla carta «occupabili», per loro - fatti salvi quelli con minori nel nucleo famigliare - l'assegno sarà tagliato e verranno contestualmente attivati «percorsi di riqualificazione». Sul reddito di cittadinanza saranno avviate ulteriori verifiche, «in particolare sui soggetti di età inferiore a 26 anni. I controlli proseguiranno in modo capillare anche nel 2023 per contrastare eventuali abusi e individuare soggetti che non hanno realmente il diritto al reddito di cittadinanza». Ma l'altro binario è appunto il varo di un nuovo «reddito di inclusione attiva» che archivi il sussidio grillino. Sarà, dice Calderone, «uno strumento di sostegno alla povertà ma anche uno strumento che promuove l'inclusione lavorativa», a differenza del Rdc. Per fare questo verranno coinvolti i Comuni e i sindaci, come era stato per il Rei. Poi i centri per l'impiego, ma il ministero del Lavoro vuole avvalersi anche dell'aiuto delle agenzie del lavoro, «non è un modo di volere a tutti i costi aprire anche al privato, ma se è un privato qualificato che ha competenze specifiche nell'intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, noi dobbiamo valorizzare questa capacità di presa sul mondo imprenditoriale che è poi quello che mette in campo le risorse».

Quindi non più l'Inps come erogatore dei soldi pubblici, ma i Comuni. E poi le agenzie del lavoro private per far incontrare domanda e offerta, la parte più complicata del programma. La ministra ha ribadito «non vi è alcuna intenzione da parte del governo di sottrarre tutele a chi non è in condizione di poter lavorare», e che il nuovo reddito resterà come misura di aiuto per gli inoccupabili e i nuclei più fragili.

Anzi, si pensa ad «ampliare la platea intervenendo sulle soglie attualmente definite dai criteri Isee e dalle ulteriori condizioni patrimoniali previste per il reddito di cittadinanza». L'idea è di dare forme di sostegno ai lavoratori autonomi, i più colpiti dalla pandemia.

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