C'è un clima inquietante nelle università italiane. Ogni giorno. Alle contestazioni plateali che in occasione di particolari eventi vengono rivolte a giornalisti e scrittori accusati di «sionismo», corrisponde infatti l'ostilità quotidiana avvertita dagli studenti ebrei o israeliani, che ora hanno cominciano ad avere paura, e a denunciarla. «Ho appena ricevuto la telefonata di una mamma molto preoccupata» spiega Alessandra Veronese, docente di storia medievale e coordinatrice - nominata dal ministro Giuseppe Valditara - di un gruppo di lavoro ministeriale per la conoscenza della cultura ebraica. «Il conflitto - spiega - ha creato un clima di odio verso gli studenti ebrei e israeliani». Frasi ostili, apprezzamenti ostentati per il massacro del 7 ottobre. «Molti cominciano ad avere paura, paura ad andare in giro con la kippah o con la stella di David, e qualcuno consiglia loro di dissimulare, per ragioni di sicurezza, la propria identità». «Caccia al sionista? Sì, si può dire qualcosa del genere».
Veronese ha dovuto dar battaglia, nell'ultimo Senato accademico, presentando un suo documento e contribuendo così all'approvazione - dopo ore e ore di discussione - di mozioni equilibrate.
L'antefatto erano state le polemiche che hanno investito anche il rettore Riccardo Zucchi, dopo un'inaugurazione dell'anno accademico cui ha partecipato come ospite d'onore - con la kefiah al collo - un laureando, Anas Khalil, figlio dell'imam, che ha parlato di Israele come «regime di apartheid», ha chiesto alla Università di disdire gli accordi con gli atenei israeliani e di rinnegare la definizione che identifica antisemitismo e antisionismo, tanto che, con una lettera della presidente Noemi Disegni a Zucchi, le comunità ebraiche avevano protestato con l'Università di Pisa «per la linea che favorisce unilateralità degli appelli, aizza l'odio e legittima la distorsione e il boicottaggio».
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