Una giornata interminabile. Al mattino Matteo Salvini va in Cassazione con i Radicali per presentare i referendum sulla giustizia. Poi s'incontra con il ministro Renato Brunetta, il teorico delle semplificazioni. Infine approda nel salotto di Lilli Gruber. E a Otto e mezzo la discussione si infiamma: «Il direttore della Stampa Massimo Giannini sostiene che i referendum siano d'intralcio per le riforme».
E non è così?
«Per niente. I sei temi che ho sposato d'intesa con i Radicali non sono materia trattata dal Parlamento e nemmeno dal governo. Noi sosteniamo ad esempio la possibilità per un magistrato di candidarsi al di fuori delle correnti. Insomma, proviamo a far fuori questo meccanismo deleterio spiegato da Luca Palamara nel suo libro. E poi ci occupiamo della responsabilità civile dei giudici, tema già oggetto di un referendum negli anni Ottanta».
Un referendum che fu poi tradito nell'applicazione pratica.
«E infatti i Radicali mi hanno ringraziato per aver ripreso la questione. Aggiungo che vogliamo modificare la custodia cautelare: ci sono 22.000 persone in cella in custodia cautelare, ci sono mille casi l'anno di soggetti che vengono assolti o prosciolti dopo il carcere, grazie e arrivederci. No, non va bene».
Ma lei ha detto che le riforme non si faranno. Prende un'altra strada a furor di popolo?
«No, la mia preoccupazione è che Pd e Cinque stelle non vogliano le riforme che noi e Draghi vogliamo fare. Noi stimoliamo, ma intanto procediamo sulla giustizia con Cartabia e Draghi. Più in generale rispetto al governo Conte, c'è un abisso, siamo molto, molto più avanti. Pensi solo Figliuolo rispetto ad Arcuri. E siamo solo all'inizio. Lavoriamo sulla pubblica amministrazione, sul fisco e su tanti altri fronti».
Lei ha appena incontrato Brunetta.
«Condivido al 100 per cento il suo impegno per una pubblica amministrazione giovane, smart, digitale. Vogliamo i concorsi in 100 giorni, vogliamo procedure snelle, vogliamo la meritocrazia».
Non sono parole che risuonano da vent'anni?
«Brunetta sta mettendo mano alla materia e il parlamento è chiamato a pronunciarsi a breve. È un tornante decisivo».
Il fisco?
«Possiamo subito alzare la Flat tax per le partite Iva in regime forfettario. Portando il tetto da quota 65mila a 100mila euro. Questo si può fare già domani ».
Poi c'è la revisione delle aliquote Irpef di cui ha parlato Berlusconi nell'intervista al Giornale. Condivide?
«Certo, ma temo non si farà in tempo. Le farà il prossimo governo di centrodestra».
Quando?
«Noi contiamo di arrivare con Draghi a fine legislatura, a marzo 2023».
Non lo vuole più al Quirinale?
«Non è Salvini a decidere il futuro di Draghi, per il momento spero continui a fare il presidente del Consiglio perché lo sta facendo bene. Se poi desiderasse fare il presidente della Repubblica, sarei il suo primo sostenitore. Ma ora sono discorsi prematuri».
Non sono premature le liti nel centrodestra. Quando troverete i candidati giusti a Milano e Roma?
«Sto incontrando i potenziali candidati, espressione del mondo civico. Ho appena visto Simonetta Matone che mi ha fatto un'ottima impressione, conosce Roma, è giudice, ha molte competenze. Oggi vedrò Michetti. Pure a Milano si susseguono gli appuntamenti: la dottoressa Racca, persona di alto livello, Rasia che si è mostrato brillante. Vado, anzi andiamo avanti, nel giro di qualche giorno decideremo. Ma non è tutto».
C'è qualche nome forte a sorpresa?
«No, c'è che il Covid ci ha insegnato ad essere veloci».
Quindi?
«Credo e spero entro giugno di arrivare alla federazione delle forze di centrodestra, almeno di quelle che sostengono il governo Draghi. Tutte».
Vuole annettersi Forza Italia?
«Per niente. Siamo tutti sullo stesso piano ma dobbiamo fare un passo in avanti».
Come?
«Per esempio creando gruppi unici alla Camera e al Senato. Ancora, con un lavoro di coordinamento, con conferenze stampa comuni, con iniziative legislative nel segno dell'unità. Ci sono tanti modi per rafforzare l'unità del centrodestra».
Ma se è appena nati un altro partito, Coraggio Italia. Più che federazione, siamo alla moltiplicazione delle sigle?
«Appunto. Stimo Toti e Brugnaro, ma non mi piacciono le formazioni a somma zero. Se un partito mi porta nel centrodestra parlamentari che oggi sono altrove, ben venga, ma se si risolve in un'incursione dentro Forza Italia, allora mi chiedo quale sia l'utilità».
La Meloni è in avvicinamento secondo i sondaggi. Con lei niente unità?
«No, la Meloni e all'opposizione e mi sembra difficile federare forze di maggioranza e di opposizione. Ma io dico che abbiamo il dovere di creare con tutti, anche con lei, liste comuni nel 2023. Tutti insieme nel maggioritario, scegliendo candidati comuni a tutto il centrodestra, poi ciascuno farà la sua gara nel proporzionale e lì esprimerà la propria identità».
Scusi, ma si parla tanto di cambiare la legge elettorale. Vuole tenersi il Rosatellum?
«Non voglio perdere tempo con Pd e 5 Stelle in discussioni estenuanti, per mesi, su questi temi. Abbiamo da riformare, come le dicevo, il fisco, la giustizia, la pubblica amministrazione. C'è un Paese che sta ripartendo».
In proposito, l'accusano di aver fatto la giravolta sul blocco degli sfratti. Salvini in versione ondivaga?
«Ma no, ci sono settori che hanno bisogno di qualche protezione in più fino ad ottobre e altri che hanno il problema di assumere. È la linea di Draghi che condivido al 100 per cento. Nessun ripensamento. Certo, servono i voucher, serve il lavoro a tempo, si dovrebbe superare la logica del reddito di cittadinanza. Era nato per aiutare a trovare il lavoro ed è diventato un tappo, oppure facilita il lavoro in nero. In ogni caso, spingo su questo versante e poi sto preparando un testo per far pagare finalmente le tasse alle multinazionali che nel nostro Paese raccolgono profitti miliardari».
Non dovrebbe essere difficile trovare l'accordo con gli altri partner di governo.
«La sinistra ci dia una mano in questa battaglia invece di tassare le successioni e di occuparsi di ius soli, voto ai sedicenni e disegno di legge Zan. Mi sono fatto consegnare i bilanci delle grandi multinazionali e ho scoperto cose incredibili. Sa quanto ha pagato Netflix nel 2019?».
Ce lo dica lei.
«Seimila euro.
E gli altri hanno versato all'erario briciole. Questo non deve più essere possibile. Netflix è ormai in tutte le case degli italiani. Tassiamo i big, invece di prendercela con gli italiani che lavorano e già pagano troppo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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