Egregio Direttore,
il processo penale in corso davanti ai giudici ungheresi nei confronti di Ilaria Salis ha suscitato grande interesse in Italia anche grazie al risalto che ha dato all'argomento la stampa italiana.
Tuttavia, mentre una parte di essa ha fornito ai lettori un'informazione obiettiva e imparziale, una parte significativa ne ha dato una rappresentazione particolarmente distorta e sproporzionata soprattutto nella valutazione del sistema giudiziario ungherese, tale da far sorgere il dubbio che i commenti editoriali siano stati mossi esclusivamente da considerazioni politiche, oltre che ideologiche, dirette a mettere in cattiva luce le relazioni italo-ungheresi.
Pertanto, alcune considerazioni appaiono necessarie per ristabilire la verità dei fatti.
Senza entrare nel merito del caso giudiziario, che - malgrado le insinuazioni palesemente infondate di una certa area politica - sarà deciso dalla magistratura ungherese nella sua piena indipendenza costituzionale, e tanto meno delle condizioni carcerarie dei nostri due Paesi, è doveroso sottolineare che si è parlato poco e male in merito ai fatti accaduti e alla condotta di Ilaria Salis.
Secondo le prove raccolte dalle autorità investigative ungheresi, il quadro di quanto è accaduto nei giorni del febbraio di un anno fa sembra chiaro: un network di attivisti appartenenti a organizzazioni estremiste provenienti da diversi Paesi europei si è mobilitato per viaggiare in Ungheria, con lo scopo premeditato di prendere di mira esponenti di estrema destra (selezionati in base al loro abbigliamento) e di causare loro lesioni fisiche e psicologiche talmente gravi da dissuaderli dalle loro convinzioni ideologiche. Dai video in possesso dell'Autorità Giudiziaria, apparsi anche sulla stampa, emergono condotte assolutamente illecite, con atti di aggressione ai danni di soggetti di presunta opposta matrice ideologica, con conseguenti gravi lesioni agli stessi e tutto secondo una attenta e studiata regia.
In ogni caso, a prescindere dall'estraneità o meno dell'imputata Ilaria Salis a questi fatti - sulla quale sarà la Corte a pronunciarsi -, ritengo che la palese tendenza a sminuire questi episodi gravissimi e di presentarli, in modo manipolativo, come una semplice «rissa tra manifestanti», sia piuttosto preoccupante. Ci tengo a sottolineare che la condotta degli esecutori ha violato il principio costituzionale che delega allo Stato il controllo dell'ordine pubblico e la tutela dei suoi cittadini e dei loro beni.
Le azioni delle persone che hanno perpetrato quei reati, considerati dalla nostra legislazione gravissimi, sono unicamente tesi a scardinare i principi fondanti della nostra democrazia che esclude l'uso della violenza come strumento del confronto politico.
Noi ungheresi abbiamo già pagato un prezzo altissimo per ottenere la libertà dal regime comunista sovietico e ancor prima da quello nazista e non possiamo tollerare di essere additati come i negatori della libertà di espressione democratica.
La storia ci ha insegnato di stare alla larga da qualsiasi ideologia che voglia smantellare il monopolio dell'uso della forza legittima dello Stato per dettare i parametri del discorso pubblico. La violenza, l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni con aggressione non può mai essere riconosciuta come un valore democratico e violenze del tipo visto nel caso in questione non possono mai essere spacciate per «difesa dei comuni valori democratici europei».
Il contrasto al «pericolo fascista» - pretesa già in sé discutibile nel contesto odierno di una Europa unita, pacifica e democratica - non può giustificare i comportamenti di cui è accusata e in Patria già condannata in altre occasioni, Ilaria Salis.
La violenza politica non è mai sul «lato giusto della storia».
Che la politica e le autorità italiane si mobilitino, nel rispetto della sovranità altrui, per la salvaguardia dei diritti di una cittadina è pienamente legittimo. Allo stesso tempo, è preoccupante e inaccettabile la dose di ideologia che certa stampa e politica hanno messo in campo ancora prima dell'inizio del processo penale, pretendendo l'impunità di una persona accusata di crimini oggettivamente molto gravi. E ciò non solo nei confronti dello Stato che rappresento, ma dei princìpi di legalità e stato di diritto che ci accomunano.
L'Ungheria non sarà mai terreno di sfogo di gruppi estremisti violenti.
Tutti confidiamo nella professionalità ed indipendenza delle nostre magistrature e come cittadini europei ci attendiamo una sentenza giusta, certamente non inquinata da considerazioni politiche, ma fondata sui fatti.
La libertà di espressione e di protesta pacifica di tutti sono salvaguardati dal nostro ordinamento giuridico, senza bisogno di ricorrere a spranghe o martelli in tasca per l'«autodifesa». Chi viene con lo scopo di portare avanti scontri ideologici con la violenza fisica, deve sapere che nel nostro Paese quei tentati atti di sovvertimento delle regole democratiche che ci siamo dati verranno sempre contrastati con la massima fermezza e senza alcuna indulgenza.
Per concludere, sono convinto che l'amicizia storica esistente tra i nostri Paesi rimarrà solida perché ha fondamenta millenarie. Budapest è una delle capitali più sicure dell'Europa e del mondo: un punto di orgoglio per noi ungheresi e di garanzia per tutti gli ospiti stranieri che vogliono visitare le sue bellezze ed immergersi nella sua atmosfera unica.
Viva l'amicizia tra l'Italia e l'Ungheria!
Adam Kovacs
Ambasciatore d'Ungheria
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