Egitto, l'italiano Passeri condannato all'ergastolo per droga

L'accusa di traffico di stupefacenti. Lui: solo una dose di marijuana. Appello della famiglia: "Scioccati". La Farnesina: seguiamo il caso

Egitto, l'italiano Passeri condannato all'ergastolo per droga
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Una piccola quantità di marijuana li è stata trovata addosso il 23 agosto di un anno fa durante un viaggio in Egitto. Gli è valsa la reclusione di un anno al Cairo e ora la condanna all'ergastolo con 25 anni da scontare in Egitto. È l'incubo che sta vivendo Giacomo Passeri, 31 anni di Pescara. Detenuto in celle buie e sporche, condivise con uomini accusati di omicidio.

«Lui si è sempre dichiarato innocente, si sente abbandonato. L'altro giorno i giudici del Cairo hanno emesso la sentenza di condanna: ergastolo, con 25 anni da scontare nel Paese. Siamo stupiti e scioccati, un epilogo che non ci saremmo mai aspettati», racconta Andrea Passeri, fratello di Giacomo, il quale dopo la condanna, dice, di non aver ricevuto alcun contatto dall'Ambasciata italiana al Cairo.

«Chiediamo allo Stato, alla politica italiana di farlo tornare in Italia, di interessarsi almeno al caso attraverso la documentazione ufficiale rilasciata dalle autorità egiziane in mio possesso. Giacomo è ingiustamente trattenuto lì, si faccia qualcosa per riportarlo al più presto a casa», è l'appello del fratello. L'accusa della magistratura egiziana nei confronti del giovane è di traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Dice il fratello Andrea: «Giacomo era solo in mezzo a poliziotti egiziani quando è stato fermato. In un rapporto è stato scritto che avesse diverse quantità di droga. Ma questo è quello che dicono loro, non c'erano altri testimoni» il sospetto di Andre è che contro il fratello siano state fabbricate false prove. «Il nostro avvocato è ancora convinto di poter dimostrare la sua innocenza, ora attendiamo le motivazioni della sentenza». Racconta poi, ripercorrendo il calvario del fratello Giacomo, che l'interprete si è palesato solo «dopo 6 giorni dal fermo». Che in un anno l'ultimo contatto con Giacomo, detenuto nel carcere Badr 2, è avvenuto il giorno del suo arresto, «è riuscito a sentirlo mio fratello Marco Antonio». Poi più niente, solo poche lettere in cui Giacomo parla «della sua innocenza», denuncia «le pressioni ricevute dai poliziotti per fargli ammettere le sue colpe.

Di come è stato malmenato, dello stato di abbandono dopo la sua operazione d'appendicite. La mia unica speranza è che ora Giacomo torni a casa, vivo». In serata le rassicurazioni della Farnesina: «Seguiamo il caso con la massima attenzione».

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