La quiete dopo la tempesta, anche se la strada è ancora lunga da percorrere e tutta in salita. A quasi due settimane dal rapimento del piccolo Eitan, c'è una prima intesa tra le famiglie Biran e Peleg per «gestire» la routine dell'unico sopravvissuto della tragedia del Mottarone. Nel braccio di ferro tra la zia paterna, Aya Biran, e il nonno materno, Shmuel Peleg, la giudice Iris Ilotovich Segal si è espressa a favore di una custodia temporanea «condivisa» del bimbo, che per ora resterà in Israele e passerà tre giorni con ciascun ramo familiare, fino alla prossima udienza fissata per l'8 ottobre. Nel frattempo - hanno aggiunto gli avvocati - le famiglie hanno chiesto il totale silenzio stampa per proteggere il bambino. Le intese raggiunte prevedono - hanno poi precisato i legali - che venga mantenuta «la privacy del bambino, che in questo momento ha bisogno di tranquillità». «Non pubblicheremo nessuna informazione né sul contenuto dell'udienza né sulle condizioni di salute di Eitan e chiediamo alla stampa di fare altrettanto». La giudice ha consentito la presenza in aula solo di Shmuel Peleg e di Aya Biran, il resto della famiglia è stato fatto uscire. L'udienza si è svolta a porte chiuse.
I legali del nonno materno però hanno fatto trapelare la soddisfazione per la decisione: «Per la prima volta un tribunale ha posto al centro l'interesse del minore. Non è una partita tra Israele e Italia: Eitan ha due famiglie e ha diritto di godere in modo egualitario di entrambe», ha sottolineato l'avvocato Sara Carsaniga. «Questo bambino non ha una famiglia di serie A e una di serie C», ha poi precisato. Poi Carsaniga ha posto dei dubbi anche su un altro aspetto: «La zia Aya ha portato via Eitan dall'ospedale a casa senza un provvedimento del giudice». E ha continuato: «È una storia molto complessa che inizia con la zia che, dopo il ricovero in ospedale di Eitan, lo porta a casa ma ci vuole una decisione del giudice perché ciò avvenga e questa decisione non esiste».
La decisione del Tribunale di Pavia di nominare la zia Aya tutrice legale, per Carsaniga, «non rispettava l'interesse del minore». «Il giudice israeliano - chiarisce l'avvocato - ha applicato la Convenzione dell'Aja. I miei assistiti sono contenti perché non hanno mai pensato di escludere la zia Aya. Sono i Biran, invece, che volevano escludere l'altro lato della famiglia».
Nessun commento dalla zia che ieri mattina, prima di entrare in aula per l'udienza, aveva espresso così il suo dolore: «Non voglio altro che il ritorno di Eitan a casa il prima possibile. Sono preoccupata per lui». In tribunale, oltre ai due principali contendenti, si è presentata anche Gali, sorella della madre di Eitan, che con il marito Ron Peri ha espresso il desiderio di adottare il nipote. Proprio su chi siano gli affidatari e quale sia il luogo di residenza del bambino si gioca ora la partita. Per la famiglia paterna, i Biran, Eitan è stato rapito dal nonno e deve essere riportato in Italia dove è sempre vissuto.
I Peleg invece sono convinti che non ci sia stato alcun rapimento perché i suoi genitori volevano riportarlo in Israele che è la sua vera casa.
Il nonno e la sua ex moglie e nonna del piccolo, Etty Peleg Cohen - presunta complice - sono entrambi indagati per sequestro di minore, insieme all'autista dell'auto che li ha condotti dall'Italia alla Svizzera per imbarcarsi alla volta di Tel Aviv. Tutti i parenti sono apparsi terribilmente provati e commossi per la vicenda processuale.
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