Il giorno dopo la sentenza della Corte Costituzionale sui referendum, la scintilla del confronto politico si accende sulla data della consultazione. Un «particolare» tutt'altro che banale visto che accorpare il referendum con le Amministrative significa aiutare i quesiti a raggiungere il quorum.
La proposta di un Election Day referendum-amministrative arriva da Matteo Salvini che dopo aver portato avanti la raccolta delle firme per i quesiti sulla riforma della giustizia insieme ai Radicali, ora rivendica il risultato e si prepara a lavorare sulla mobilitazione popolare. Una linea sposata anche da Forza Italia, mentre Fratelli d'Italia si attesta su una posizione diversa, facendo capire che su 2 dei 5 quesiti, voterà no: quello sulla legge Severino e sulle misure cautelari.
«Ci sarà in primavera un'occasione storica per un cambiamento epocale, atteso da 30 anni e a decidere saranno solo i cittadini italiani, non la politica e le correnti» afferma il leader della Lega, per il quale il no di FdI non è un problema grave: «Se su due quesiti la pensiamo in maniera diversa, evviva la libertà», anche se «il centrodestra compatto ottiene risultati, diviso no». «Da oggi parte la creazione di comitati per il sì, liberi e senza colori partitici. Vedo oggi pomeriggio gli amici del partito radicale perché sono stati coprotagonisti, ma in tanti hanno dato una mano. Non deve essere un obiettivo mio, ma di 60 milioni di italiani. Ci sono 6 milioni di processi pendenti, ogni famiglia ha a che fare con la giustizia. Non sono referendum contro i magistrati ma che liberano la magistratura dalle correnti».
Il traguardo è naturalmente il raggiungimento del quorum, un traguardo per il quale anche Forza Italia è pronta a fare la propria parte. «Ci auguriamo, per non avere costi aggiuntivi, che si voti in un election day» chiede Antonio Tajani. «Se vogliamo si possono risparmiare 200 milioni di euro e si possono accorpare i referendum alle amministrative, ma comunque deciderà il governo. Con questi referendum si può avere una magistratura più libera e indipendente, è un inno alla libertà della stragrande parte della magistratura che è sana e indipendente». I referendum potrebbero anche rappresentare un laboratorio per iniziare a ricostruire il centrodestra, minato dalle incomprensioni nate nella partita per il Quirinale, come dice in maniera esplicita Mariastella Gelmini. «Io credo, visto che è in corso un dibattito politico sul centrodestra e sulla sua identità, che il centrodestra si debba ritrovare oggi nel sostegno unitario a questi referendum», dice a Radio Radicale auspicando la nascita «da subito, dei Comitati unitari per il Sì ai quali ciascuno di noi darà il proprio contributo». Comitati chiesti anche da Renato Brunetta che nega il rischio di una sovrapposizione con la riforma Cartabia. «I Referendum rendono compiuto il processo riformatore. Sulla separazione delle carriere quello che è apparso a molti come un vorrei ma non posso del governo, dovuto alla natura eterogenea della maggioranza e alle ovvie necessità di mediazione, può e deve trasformarsi ora in un vorrei e posso della politica, e in particolare del centrodestra».
Posizioni non univoche si registrano nel campo giallorosso Pd-Cinquestelle. Se i grillini, fedeli alla loro matrice giustizialista con il vicepresidente Riccardo Ricciardi fanno sapere che «l'orientamento è per il no per tutti e cinque i quesiti ma ci sarà anche un passaggio con gli iscritti», il Pd - che aveva concentrato le forze soprattutto sul quesito sul fine vita, bocciato dalla Consulta - si interroga sul da farsi. Il senatore dem Andrea Marcucci prova però a riportare il partito sul terreno del garantismo.
«I quesiti sulla giustizia fanno parte della nostra cultura politica e giuridica, non possiamo farceli sottrarre da altri che sono cresciuti con l'esibizione dei cappi. Giusto fare il possibile per affrontare le questioni in Parlamento, ma se non riuscissimo, il Pd sia coerente con la propria matrice garantista».
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