«Difenderemo l'occupazione e l'indotto». La premier Giorgia Meloni, ospite di Nicola Porro da Quarta Repubblica, ha parlato del caso Stellantis. Una mossa - quella sulla ferma difesa dell'occupazione - che spiazzerà anche il segretario della Cgil Maurizio Landini, impegnato nel frattempo in battaglie più che altro ideologiche. «Ho parlato con Elkann che mi ha comunicato le dimissioni di Tavares, ovviamente non entro nel merito delle scelte di una grande multinazionale, credo che sia anche figlio di alcune battaglie sindacali molto forti che sono state fatte, particolarmente dai sindacati francesi e americani, perché quello italiano su questo era un po' afono», ha premesso la presidente del Consiglio. La «trattativa» va avanti - ha continuato la leader di Fdi - che ha specificato come esistano pure «un'altra serie di partite» che riguardano «l'automotive» che vanno però affrontate in Europa. Un riflessione, poi, sul futuro di Landini: «Magari sta facendo altre valutazioni che riguardano il campo della sinisra - diciamola così - magari si intravede uno spazio di carattere diverso».
Le dimissioni dell'amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, hanno infiammato il Parlamento per l'incertezza sul futuro delle produzioni italiane, già in una fase difficile, e le polemiche sulla presunta buona uscita per il manager che si sostiene essere non lontana da 100 milioni di euro. L'eredità della stagione Tavares, iniziata nel 2020 con l'arrivo del dirigente portoghese che ha spinto per la fusione di Fca con i francesi di Peugeot, è pesante, almeno per quel che riguarda il fronte italiano. Negli stabilimenti si produce sempre meno, con dipendenti in cassa integrazione e un indotto ormai in ginocchio. Con i ricavi del terzo trimestre scesi del 33%, e un calo delle consegne del 20 per cento. L'ultima audizione di Tavares alla Camera di poche settimane fa non era stata rassicurante. Il ministro delle imprese Adolfo Urso (nella foto di destra) ieri pomeriggio ha sentito Elkann e dal ministero confermano l'appuntamento del 17 dicembre per un «Piano che riaffermi la centralità dell'Italia nei progetti di Stellantis». Per il gruppo ci sarà Jean Philippe Imparato, responsabile Europa. Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini (foto a sinistra) chiede invece un tavolo a Palazzo Chigi con i sindacati «per discutere su quali politiche industriali e quali investimenti si fanno nel nostro Paese visto che quest'anno si produrranno negli stabilimenti italiani poco più di 300 mila auto contro una capacità produttiva di quasi un milione e mezzo».
Maggioranza e opposizione pretendono che ora Elkann, che un mese fa aveva declinato l'invito, riferisca in Parlamento. «L'audizione è ineludibile», dicono da Fdi.
Il leader del M5s Giuseppe Conte si presenta nella fabbrica di Pomigliano, tra gli operai, e attacca la premier Meloni: «Ma cosa hai fatto tu con Stellantis? Ma ti vuoi sedere a un tavolo?... Mi si nota di più se lo vedo, se non lo vedo? Ma i giornali di Stellantis mi attaccano? Che razza di ragionamento è? Tu devi metterti lì a servizio del tuo Paese. Il governo ha tolto 4,6 miliardi per l'automotive per destinarli ad armi e difesa».
E dire che invece, con Conte premier, nel 2020 Stellantis, che allora era Fca, accedeva a un prestito da 6 miliardi di euro con garanzia dello Stato per supportare le imprese italiane durante la pandemia. Il vincolo era di non staccare dividendi nel 2020 e impegnarsi a investire nel Paese. Nel gennaio 2021 invece, poco prima della fusione con i francesi, l'ex Fiat staccava un dividendo straordinario per i soci e restituiva in anticipo il prestito.
Cosa che ha fatto decadere ogni obbligo per Stellantis. Per Matteo Renzi, Iv, «non rimpiangeremo Tavares. E se la Meloni vuole dare una mano al settore, convinca Musk a prendere qualche stabilimento dismesso e portare qui le fabbriche della sua Tesla».
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