Emilia Romagna, lo stretto legame tra Pd e lobby gay

La giunta di centrosinistra di Stefano Bonaccini, negli ultimi anni, ha finanziato festival e progetti con l'obiettivo di diffondere le teorie gender delle lobby gay

Emilia Romagna, lo stretto legame tra Pd e lobby gay

Mentre si avvicina il voto per le Regionali, in Emilia Romagna si riaccende lo scontro sul caso Bibbiano con le sardine che, fino all’ultimo, cercheranno di boicottare la manifestazione leghista nel paese in provincia di Reggio Emilia.

La vicenda Bibbiano imbarazza la sinistra

Il portavoce delle sardine Mattia Sartori, appena qualche settimana fa, lo aveva detto chiaramente:“Io ritengo assurdo che si continui a parlare di Bibbiano”. Prima di lui la regista Francesca Archibugi, intervistata da Radio Capital, aveva osato dire addirittura:“Difendo il partito di Bibbiano, i bambini non sono dei genitori ma dello Stato”. E, infine, Giuliano Limonta, presidente della commissione tecnica regionale sui minori, al termine dei lavori, ha dichiarato: “L'organismo dell'Emilia-Romagna è sano, nonostante alcuni raffreddori”. Un’affermazione contro cui si è scagliato Mario Adinolfi, leader del Popolo della Famiglia, partito che in Emilia si presenta alleato con il centrodestra: “Su Bibbiano - dice interpellato da ilgiornale.it - io non ho mai sentito un esponente del Pd portare la sua solidarietà a quei bambini o ai loro genitori, ma solo al sindaco Carletti che comunque resta un imputato”. E aggiunge: “Altro che raffreddore, quello è un sistema malato altrimenti non ti trovi con i diavoli della Bassa dove ci sono i genitori suicidi e i preti morti e, dopo 20 anni, non ti ritrovi un caso come Bibbiano. Lì - ribadisce - c’è un sistema malato che è figlio di un’ideologia antifamilista che io rintraccio in tutte le ultime scelte di governo di Bonaccini”.

La legge contro l'omofobia, bancomat per le lobby gay

Uno dei provvedimenti più controversi è la legge “contro la omotransnegatività e le violenze determinate dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere", approvata lo scorso luglio dopo 39 ore di dibattito ininterrotto con i voti della maggioranza di centrosinistra e dei consiglieri grillini. Tale legge in teoria ha lo scopo di combattere l’omofobia, ma in realtà è solo uno strumento per finanziare le lobby gay e la propaganda della teoria gender nelle scuole e nelle amministrazioni pubbliche. L’articolo 4 relativo alla “Promozione di eventi culturali”, infatti, al primo comma, prevede che la Regione e gli enti locali promuovano “eventi socio-culturali che diffondono cultura dell'integrazione e della non discriminazione, al fine di sensibilizzare la cittadinanza al rispetto delle diversità e di ogni orientamento sessuale o identità di genere”. In altre parole, si tratta di fondi per finanziare i gay pride. Nel secondo comma si precisa che “la Regione può avvalersi della collaborazione, anche concedendo contributi, di organizzazioni di volontariato e di associazioni iscritte nei registri previsti dalla legislazione vigente in materia, impegnate in attività rispondenti alle finalità di cui alla presente legge”. Tradotto: le lobby gay. Ma non solo. La legge, in più punti, prevede l’avvio di corsi d’aggiornamento per insegnanti, genitori, medici, infermieri e dipendenti pubblici per “favorire inclusione sociale, superamento degli stereotipi discriminatori, prevenzione del bullismo e cyberbullismo motivato dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere”. "La legge contro l’omotransnegatività serve semplicemente per finanziare corsi e promuovere all’interno dei Comuni la rete Ready (Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere ndr)”, spiega Umberto La Morgia, consigliere comunale della Lega a Casalecchio di Reno.

La diffusione delle teorie gender in Emilia Romagna

La Regione Emila Romagna, d’altronde, è attiva da molti anni nella promozione di iniziative pro Lgbt come, per esempio, il Festival Gender Blender ideato dall’Arcigay Cassero Lgbt Center di Bologna. Si tratta di un festival realizzato col patrocinio della Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna, della Ministero dei Beni Culturali, della Coop e di vari fondazioni ed enti locali privati. Dieci giorni (23 ottobre-3 novembre 2019) in cui vi sono stati ben 120 eventi tra spettacoli teatrali, film e proiezioni per le scuole. Solo per citarne alcuni basta ricordare il film Little Miss Westie che ha come protagonista un bambino transgender oppure la rappresentazione teatrale dal titolo Giochi di stereotipi’ della regista israeliana Yasmeen Godder dedicato ai ragazzini dai 12 anni in su in cui si invita a rileggere gli stereotipi di genere. Ad aprire il Festival è stata Eve Ensler l’autrice dei Monologhi della vagina. “Gli attivisti del Cassero, fino a qualche anno fa, non pagavano neppure l’affitto della loro sede di Bologna, mentre quest’anno hanno ricevuto 100mila euro dalla Regione per il loro festival”, dice La Morgia.

“Una parte di questi fondi vengono usati per la propaganda gender perché ormai il gender è un cardine su cui certe politiche si sviluppano in quanto, in questa Regione, c’è il desiderio di sradicare il concetto tradizionale di famiglia”, chiosa l'esponente leghista. “Loro hanno tutti i mezzi e i finanziamenti pubblici per insegnare ai bambini delle scuole elementari la teoria gender. La priorità educativa dei genitori viene messa in discussione da queste iniziative e noi, ogni volta, dobbiamo cercare di capire che tipo di festival o spettacoli si tratta e, poi, magari si scopre che si tratta di opere che vanno contro i valori che vogliamo trasmettere”, dice Giovanna Bonazzi, candidata di Fratelli d’Italia riferendosi in particolare all’evento Uscire dal guscio, festival di letteratura gender per bambini giunto ormai alla terza edizione. Infine, la Regione Emilia-Romagna nel 2013 ha lanciato il progetto ‘W l’amore’ grazie al quale ha avviato percorsi formativi sull’educazione sessuale nelle scuole. Percorsi che sono guidati dalle Asl competenti della Regione le quali attraverso varie iniziative diffondono materiali rivolti a “operatori socio-sanitari, educatori, insegnanti, peer educator” che, come si legge sul sito, “consentono approfondimenti su diversi temi: emozioni, crescita, corpo, prima volta, contraccezione, gravidanza, Infezioni sessualmente trasmissibili, innamoramento, orientamento sessuale e identità di genere, modelli e stereotipi di genere, amicizia, violenza, genitori e figli, immagine di sé, identità culturali, web e social media”.

La natalità trascurata

Tutto questo si inserisce nel contesto di una Regione dove non solo si fanno sempre meno figli mentre gli asili nido scarseggiano, ma dove la giunta Bonaccini ha varato il piano per il Nipt, il not invalid pregnant test. Un esame che solitamente costa circa 700 euro e che è stato reso gratuito per la provincia di Bologna in via sperimentale con l’obiettivo di renderlo gratuito su tutta la Regione Emilia Romagna. Il nipt, attraverso il prelievo di una piccola goccia di sangue, cerca le anomalie cromosomiche del bambino: trisomia 21 (sindrome di down) e la trisomia 13 e 18 che sono altri tipi di malattie cromosomiche più rare.

“È chiaro che, dal nostro punto di vista, proporre uno screening così generalizzato, gratuito e non invasivo di un’anomalia cromosomica ha una sola finalità: quella di sopprimere i nascituri con un’anomalia cromosomica. È il meccanismo con cui è stato azzerato il livello di nascite dei bambini down in Islanda e Danimarca. Un’altra motivazione per investire decine di milioni di euro non ne vedo”, attacca Adinolfi.

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