Emma Bonino: "Sono nata e sono radicale, vi racconto la militanza con Pannella"

La storica esponente radicale ripercorre la sua lunga militanza politica vissuta tra Roma e Bruxelles

Emma Bonino: "Sono nata e sono radicale, vi racconto la militanza con Pannella"

Emma Bonino è ad oggi considerata una delle ultime protagoniste della vita repubblicana italiana per storia e prestigio personale. Entrata in Parlamento nel '76, fin dal suo esordio si contraddistingue per mettere al centro del dibattito politico-culturale la lotta per i diritti civili, a fianco del suo grande maestro Marco Pannella. Leader dei radicali italiani. Deputata, europarlamentare, senatrice, Commissario europeo per la politica dei consumatori, la pesca e gli aiuti umanitari, Ministro per il commercio internazionale e per le politiche europee, Ministro degli affari esteri e vicepresidente del Senato. Il suo nome è stato spesso proposto per il Quirinale e nel 2011 la rivista statunitense Newsweek l'ha inserita nell'elenco delle "150 donne che muovono il mondo".

Senatrice Bonino, lei che di crisi internazionali è attenta conoscitrice, ritiene che siamo vicini ad una possibile terza guerra mondiale?

“No, perché ritengo che prima del baratro a qualcuno si accenderà una lampadina. Ne abbiamo già viste due nello stesso secolo, più un genocidio, anzi speravo che ci fosse bastato. Putin vuole creare una grande Russia e questo mi ricorda gli anni ’90 di quando Milosevic aveva questa stessa follia della grande Serbia. Fu difficile arrivare all’accordo di Dayton presieduto da Holbrooke. Però devo dire da quanto si legge ormai dalle carte, gli americani avevano fatto grandi sforzi per avvertirci e convincerci. Blinken era venuto in Europa e noi in qualche modo non gli abbiamo creduto”.

Una volta che finirà questo conflitto torneremo come già si anticipava da tempo ad una nuova “guerra fredda”?

“Non lo so bene perché il mondo mi sembra un po’ più multipolare rispetto a prima. Sono nate altre potenze come la Cina e l’India. Certamente come sappiamo tutti il vecchio ordine internazionale è morto, il problema è che non vediamo niente di cosa può nascere di nuovo per il futuro”.

Lei entra in Parlamento nel ’76 con il Partito radicale. Quale ricordo ha della sua prima campagna elettorale?

“Io ho incontrato la politica radicale nel settembre ’74. Gianfranco Spadaccia mi ha chiamato in segreteria nel congresso del ’75 e nel ’76 siamo andati a elezioni. Marco propose a tutti quanti non per quote ma per dare un segno di trasformazione culturale che tutte le capoliste fossero donne. Tra l’altro ho un ricordo di tutto un giro di comizi che si fece in Sicilia con Franco Roccella e Aldo Ajello, che avevo un po’ la sensazione che si vergognassero di portarsi dietro questa ragazzina che parlava solo di aborto e sessualità. A Cefalù, saliamo sul palco e ad un certo punto mi danno la parola, io guardo la piazza ed era tutta nera, c’erano solo uomini con la coppola. Quando ho finito di parlare la cosa che più mi ha sorpresa è che si sono aperte tutte le finestre con le donne affacciate ad applaudirmi. È stato molto emozionante”.

Nel ’76 una piccola pattuglia di radicali entrò in Parlamento (tra cui lei). Come eravate visti dal palazzo?

“Certamente come dei rompiscatole che scombinavano sempre le agende dei partiti con i referendum ecc… Marco da molti era considerato un istrione da altri più rispettato. Certo eravamo visti come una stranezza”.

La storia del vostro partito ha avuto fondatori illustrissimi, Mario Pannunzio, Ernesto Rossi… Avete avuto una eredità culturale e sociale importante da portare avanti.

“Sono personaggi che appartengono alla storia e che non ho conosciuto, ma ne sentivo parlare da Spadaccia, Bandinelli e Pannella. Però bisogna tenere conto che i primi anni in cui incontro i radicali, avevo un unico obiettivo ovvero quello di sconfiggere l’aborto clandestino. Chi mi ha davvero allevato politicamente oltre a Pannella è stato Gianfranco Spadaccia che credo abbia fatto la stessa cosa anche con Adelaide Aglietta. Poi, nel ’79 elezioni Europee e credo per il fatto che conosco un po’ di lingue, Pannella mi candidò e mi fece eleggere in Europa. Fummo eletti in tre. Io, lui e Sciascia. E secondo la visione di Marco il centro decisionale di tutto era il Lussemburgo perché era amico del segretario generale del Parlamento europeo. Faticai un po’ a fargli capire che in Lussemburgo a parte l’amministrazione non succedeva niente. Quindi dopo un po’ di mesi gli dissi: “Guarda Marco, io vado a stare a Bruxelles”.

Come è stato conoscere Sciascia da vicino?

“Era una persona molto riservata, credo molto introversa, per niente tattile, per cui se uno lo abbracciava lui si ritirava. Una persona molto disciplinata, facile da gestire per quello che dovevo fare io, andare a prenderlo al treno, portarlo in albergo, farlo venire in Parlamento, accompagnarlo in commissione, e poi aveva una caratteristica Sciascia quanto ti parlava non usava una parola oltre il necessario”.

Chi è che nel partito teneva i contatti con i maggiori esponenti degli altri gruppi, dal Pli alla Dc?

“Marco Pannella. Perché da quando mi ha trasferito a Bruxelles c’era stata una specie di divisione dei lavori. Lui si occupava soprattutto di palazzo italiano e io di Europa. Infatti io ad esempio non ho mai incrociato Craxi e non l’ho mai incontrato. Moro l’ho sentito in Parlamento… tutti si riferivano politicamente a Pannella ed eventualmente a Spadaccia”.

Quale fu la sua posizione sul compromesso storico?

“Noi eravamo fortissimamente contrari, e Marco aveva lanciato l’altra strategia quella dell’unità laica delle forze, e quindi ci mettemmo all’opposizione tutto il tempo”.

E il rapimento Moro?

“La gestione di tutta la vicenda, dialogo, lettere, trattativa ecc… avvenne sull’asse Pannella-Spadaccia-Sciascia. Io ricordo che ero a casa a Roma, dove scendevo più frequentemente da Bruxelles, e Adelaide Aglietta era già stata estratta a sorte per il processo delle brigate rosse, che non riusciva a iniziare perché tutti rifiutavano di fare la giuria. Mi ricordo che sono stata io che l’ho avvisata che Moro era stato rapito”.

Con Pannella vi siete resi protagonisti di una importante battaglia, quella contro il presidente della Repubblica Leone che partì da un libro della Cederna Giovanni Leone. La Carriera di un presidente a cui aderirono molti intellettuali e che lo portarono alle dimissioni. Poi però vi siete scusati.

“Sì, furono scuse pubbliche sulla base di un testo scritto da Pannella che ho cofirmato. Noi due eravamo abbastanza orgogliosi di aver saputo cambiare opinione in base a dati nuovi che avevamo trovato”.

Dal referendum sul divorzio e sull’aborto, la partitocrazia, la giustizia, la fame del mondo, qual è l’eredità politico-culturale che i radicali hanno lasciato nella società italiana?

“La forza dell’individuo e l’idea che una società liberale si basa sulle scelte liberali dell’individuo e che in precedenza era una eresia. Noi avevamo due culture di massa, quella cattolica e comunista, ma tutta la parte dei diritti civili, responsabilità dell’individuo, i suoi diritti nonché doveri era ostica sia per l’uno che per l’altro. I partiti non hanno mai amato i referendum perché li mettevano in imbarazzo e li hanno sempre vissuti come un disturbo al manovratore. E questo non è finito, credo che continui”.

Nell’87 a Varsavia venne arrestata perché manifestava contro la dittatura comunista di Jaruzelski.

“Jaruzelski aveva annunciato che sarebbe venuto a Roma - presidente del consiglio Craxi - e si preparavano ad accoglierlo. Noi decidemmo di andare a Varsavia sperando di trovare il consenso degli anti-jaruzelski. Avevamo deciso di fare una manifestazione all’uscita della messa grande nella piazza principale di Varsavia ed eravamo convinti di trovare i cattolici, grande folle, invece dalla chiesa non uscì nessuno. Quindi noi ci siamo ritrovati in questa piazza immensa con la radio su cui avevamo registrato in polacco un breve slogan del tipo “siamo qui per voi”, ma “per voi” non c’era e siamo rimasti lì con un freddo mortale. Passavano le macchine della polizia ma non si fermavano, quando ad un certo punto una si fermò, ci caricò tutti quanti e ci portò in gendarmeria. Nel frattempo Marco da Roma si rivolgeva a Craxi per sapere da Jaruzelski se per caso avesse avuto idea di dove fossero finiti i tre o quattro deputati radicali”.

Due anni dopo nel 1989 cade il muro di Berlino. Una figura centrale nella 'fine' del comunismo è stato Giovanni Paolo II che lei ha avuto modo di incontrare nel corso della sua lunga vita politica.

“Il rapporto tra i radicali e Papa Woytila nacque riguardo all’organizzazione della campagna sulla fame nel mondo. Poi si è formata insieme all’appello dei premi nobel un’associazione che io dirigevo e che fu ricevuta in Vaticano. Ovviamente mi faceva un po’ impressione che fossi io a dover presentare al Santo Padre figure come Piccoli piuttosto che Zamberletti, Pannella ecc… Marco ad esempio a differenza mia ha sempre avuto più attenzione al mondo cattolico“.

Nella sua vita c’è stato un uomo molto importante che è stato Marco Pannella. Qualcuno lo ha definito “Saturno” perché divorava i suoi figli. È vero?

“Non mi pare. Sono viva e vegeta! Anzi, tantissimi miei colleghi che sono passati per qualche anno in famiglia radicale, si riconoscono come tipo di cultura”.

Sul finire dei suoi anni Marco l’accusò di frequentare un po’ troppo il jet set.

“Purtroppo come gli fece notare Bordin non esisteva più il jet set. Non so perché Marco gli ultimi due anni mi abbia trattato così male e praticamente espulsa, dico politicamente, perché il Partito radicale per statuto non espelle nessuno. Non lo so e non ne voglio parlare perché ancora non l’ho digerita dentro di me questa storia”.

In occasione dei suoi funerali lei disse: “Marco Pannella è stato soprattutto deriso e penso che alcuni omaggi postumi puzzano di ipocrisia”.

“Sì, per noi si avverava sempre quella frase “prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci”. Questo è un paese in cui per essere apprezzati bisogna morire”.

Come radicali portaste in Parlamento personaggi discutibili come Tony Negri e Ilona Staller.

“Visti gli altri non mi pare una grande stranezza”.

Quindi non vi siete pentiti di quelle scelte?

“No”.

Qual è l’insegnamento più grande che porta con sé di Pannella?

“La sua capacità immaginativa, tenacia e persistenza”.

Il ricordo più bello condiviso insieme?

“Giugno ’99 quando alla fine della campagna elettorale che era nata spontaneamente come “Emma for president” per il Quirinale dove venne eletto Ciampi - Marco aveva investito tutto il patrimonio dei radicali - ottenemmo poi alle Europee uno straordinario 8, 45%”.

Cosa le è mancato per diventare presidente della Repubblica?

“La decisione dei 1000 grandi elettori”.

Si sente ancora una radicale?

“Io sono nata e sono radicale”.

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