Abolire Equitalia: come suona bene, come dovrebbero sentirsi sollevati gli italiani all'idea di non sentire più quel nome sinonimo di rapacità. Matteo Renzi se la cava con gli annunci. Ma la gran parte dei cittadini potrebbe non avere alcun vantaggio dalla liquidazione dell'ente incaricato di riscuotere le tasse. La beffa potrebbe essere dietro l'angolo: la gran parte delle amministrazioni locali infatti hanno abbandonato Equitalia come agenzia per la riscossione. Hanno deciso il fai-da-te oppure si sono consorziate costituendo enti alternativi.
Che fine faranno le cartelle emesse dai concorrenti di Equitalia? Verranno rottamate anch'esse? Ai contribuenti che le hanno ricevute saranno cancellate oppure mantenute le sanzioni? Renzi, come già con gli 80 euro, farà ancora una volta cittadini di serie A e B? Sarebbe un inganno tremendo per milioni di persone. Soltanto 3.622 comuni italiani su 8.005 (il 45 per cento) sono rimasti aggrappati agli artigli di Equitalia, come ha riferito un mese fa al Senato l'amministratore delegato Ernesto Maria Ruffini. Anche le maggiori regioni, Sicilia e Lombardia, non si avvalgono dei suoi servizi. Città come Milano, Torino, Bologna, Bari, Verona hanno abbandonato da tempo l'agenzia di riscossione statale. Perfino Firenze ha tagliato i rapporti con Equitalia e l'ha fatto quando il sindaco si chiamava Matteo Renzi: la delibera comunale per la gestione diretta della riscossione dei crediti risale al 23 dicembre 2013.
Il decreto annunciato dal premier potrebbe dunque interessare meno della metà delle cartelle di pagamento emesse. La mancanza del testo del provvedimento non aiuta certo a chiarire il giallo. Sarebbe una beffa clamorosa se gli enti che per primi si sono allontanati dalle inefficienze di Equitalia ora si ritrovassero danneggiati da quella scelta. Becchi e bastonati, come si dice.
Ma c'è un altro fattore che complica ulteriormente le cose. Alla Corte costituzionale pende infatti il ricorso di un giudice di pace di Grosseto, Adriano Simonetti, che ha sollevato dubbi di costituzionalità sull'entità delle sovrattasse applicate alle sanzioni amministrative. «Per ogni anno che passa dall'emissione della cartella all'iscrizione a ruolo, cioè la consegna al soggetto che deve riscuotere, viene applicata una maggiorazione del 20 per cento spiega Simonetti - Un tasso d'usura. Ho conosciuto il caso di una cartella emessa dalla Banca d'Italia a carico di alcuni amministratori di una banca siciliana: gli importi sono stati reclamati da Equitalia dopo quasi nove anni e nel frattempo la somma richiesta è cresciuta del 180 per cento. Tutto per colpa dei ritardi con cui l'ente creditore trasmette la documentazione e l'ente riscossore emette la cartella esattoriale».
Secondo Simonetti spesso i Comuni (ma anche le amministrazioni statali come Bankitalia) prolungano l'iscrizione a ruolo fino a quasi cinque anni, che è il termine per la prescrizione del credito, in modo che nel frattempo la sanzione raddoppi a tutto vantaggio delle loro casse. «Non c'è giustificazione per queste lungaggini dice -, perché queste operazioni richiedono pochissima burocrazia». La Camera di consiglio per la sentenza è convocata per l'11 gennaio prossimo, relatore il professor Augusto Barbera.
Se la Consulta dovesse dichiarare incostituzionale il tasso di maggiorazione, si aprirebbe una voragine nei conti delle amministrazioni. Forse il governo è intervenuto anche per evitare questo ulteriore buco: ormai multe e sovrattasse fanno parte integrante dei bilanci degli enti pubblici italiani.
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