Fu condannato a 16 anni di reclusione per stupro, quando la Cassazione scrisse la parola «fine» ad una brutta storia di abusi sessuali, rapine e violenze con una sentenza del 2019. Eppure, nonostante il verdetto dei giudici emesso sulla base dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'imputato, il «caso» potrebbe clamorosamente riaprirsi a quattro anni di distanza.
Non solo: l'uomo potrebbe persino essere scarcerato al più presto, perché all'epoca dei fatti non conosceva la lingua italiana e sarebbe stato interrogato senza un interprete. O questo, perlomeno, è quanto sostengono i nuovi avvocati di Guerlin Butungu, il «capobranco di Rimini» attualmente detenuto a Padova per gli «stupri di Miramare». E spinti da questa convinzione, hanno annunciato un paio di giorni fa l'intenzione di presentare al tribunale di Ancona (competente territorialmente) la domanda di revisione del processo sulla scorta di fantomatiche nuove prove. Nuovi indizi che sarebbero volti non tanto a smontare in primis la ricostruzione dell'accaduto, quanto a dimostrare come a loro avviso il richiedente asilo originario del Congo (arrivato da poco in Italia, a quei tempi) non fosse in grado di comprendere l'italiano. La nuova tesi difensiva (non priva di tratti surreali) è che l'africano «non ebbe un giusto processo perché gli fu negato il diritto alla difesa nella sua lingua d'origine».
E nel mirino della difesa sono finiti due interrogatori al quale fu sottoposto senza interpreti. Un nuovo potenziale capitolo di una vicenda risalente al 2017 quindi, quando Butungu salì all'improvviso alla ribalta delle cronache nazionali. Era infatti ritenuto il leader di un gruppo di giovanissimi stranieri (ne facevano parte due fratelli marocchini di 15 e 16 anni e un diciassettenne nigeriano) capaci di seminare il panico sulla riviera romagnola nell'estate di quell'anno. In particolare nella notte del 26 agosto, quando il «branco» si rese protagonista di una vera e propria «escalation» di violenze nel capoluogo romagnolo. Gli africani iniziarono accerchiando due ragazzi bolognesi, costringendoli a consegnare loro il cellulare. Poi si diressero verso i lidi, dove incontrarono una coppia di turisti polacchi. E fu in quel frangente che si consumò l'orrore: dopo aver picchiato l'uomo, i quattro violentarono a più riprese la donna. Ed evidentemente non paghi, chiusero la nottata usando violenza anche su una transessuale peruviana che si trovava in una delle vie limitrofe. Scene degne di Arancia Meccanica, che destarono sgomento in tutto il Paese. I quattro furono poi identificati e processati: ritenuti colpevoli, i tre complici furono condannati a 9 anni e 6 mesi, mentre Butungu a 16 anni con rito abbreviato. Una condanna che quest'ultimo sta scontando in prigione, ma che secondo i legali difensivi non avrebbe tenuto conto della sua scarsa capacità di comprensione dell'italiano. E sempre secondo loro, gli fu negato il diritto di difendersi nella propria lingua d'origine. Di più: la difesa sembra già cantare vittoria, dipingendo Butungu alla stregua di un cittadino modello finito in carcere quasi per caso. «Se la revisione andrà come sperato, sarà un uomo libero da subito.
Nel carcere di Padova ha trovato una nuova dimensione - le parole degli avvocati Liliana Lotti ed Antonio Miraglia, riportate dall'Ansa - ha sviluppato un talento per il canto, ha preso un diploma, lavora con i disabili. E da sempre si è detto innocente per quanto riguarda lo stupro in spiaggia di Miramare».
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