«Eravamo quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo». Il mondo, o forse il conto. Due erano evasori e gli altri? Noi sull'identità di questi compagni di bevute (e di ricevute) qualche sospetto lo abbiamo. Suffragato dalla cronaca e, soprattutto, dal pentagramma, s'intende.
Perché proprio mentre il diversamente simpatico Paoli finisce alla berlina per il suo conto in Svizzera, sui quotidiani rimbalza la storia - tirata fuori dal Giornale nel maggio del 2014 - dell'evasione fiscale di Beppe Grillo. Secondo l'impresario Lello Liguori, il comico si faceva pagare in nero una parte del cachet dei suoi spettacoli. Un giochetto da qualche milione di euro. Roba da finire sul rogo dei Cinque Stelle, per intenderci.
Ma Grillo, oltre ad essere concittadino di Paoli, è anche un suo grande e storico amico. E allora stai a vedere che c'era anche lui al bar, seduto a quel tavolino a cercare di cambiare il mondo. D'altronde i due, oltre ad avere l'hobby delle più o meno innocenti evasioni (fiscali), hanno in comune un'altra caratteristica: escono di casa sempre con una grande scorta di vaffa in tasca. Saranno anche particolarmente oculati nel dispensare danaro - come vuole la tradizione -, ma sono quanto mai prodighi di improperi. Ieri il cantante ha dato prova del suo ombroso carattere in una velenosissima intervista a Luzzato Fegiz: «Sono capace di scatti d'ira incredibili. Se qualcuno mi fa una battuta sulla vicenda lo mando all'ospedale». Nemmeno una parola, una motivazione, una scusa sulla presunta evasione. Ha preso un'altra stecca. In senso musicale, s'intende.
D'altronde Fegiz ha scientificamente schivato ogni domanda sull'inchiesta della Procura di Genova. E lo capiamo: non si sa mai che Paoli gli rifilasse un sonoro scapaccione. Siamo giornalisti mica boxeur. Eppure, un po' lo si poteva incalzare. Suvvia. Su questi amici al bar, che poi rimangono tre perché uno molla il bar e si impiega - guarda caso! - proprio in banca, ché un amico allo sportello fa sempre comodo.
E poi - siamo al secondo caso -, finiscono vascorossianamente «ognuno a rincorrere i suoi guai» (giudiziari?). Praticamente una confessione. Più che una canzone. Resta solo un dubbio: ma questi quattro amici almeno lo hanno pagato il conto del bar?
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