Rischia di essere una mina sugli equilibri internazionali condizionati dal conflitto in Ucraina. La Turchia rompe il linguaggio diplomatico e avvisa Bruxelles: il Paese potrebbe «allontanarsi dall'Unione europea in maniera definitiva». È la reazione durissima del presidente turco Recep Tayyip Erdogan all'ultima relazione approvata il 13 settembre dal Parlamento Ue, che frena sul processo di adesione della Turchia all'Unione, in assenza di significativi segnali da Ankara sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici.
«L'Ue si sforza di tagliare fuori la Turchia ed è evidente. Noi faremo le nostre valutazioni e decideremo se prendere un'altra strada. Terremo la situazione sotto controllo e se sarà necessario potremo decidere di rompere le relazioni con l'Ue», ha detto ieri Erdogan alla viglia dell'assemblea generale dell'Onu a New York, dove il presidente ucraino Zelensky tenterà di allargare il fronte che appoggia Kiev ai Paesi del Sud globale più reticenti. Erdogan, invece, decide di riaprire quello ostile all'ingresso della Svezia nella Nato, che attende ancora la ratifica del Parlamento turco.
L'adesione era rimasta sospesa perché Erdogan accusava Stoccolma di proteggere i militanti del Partito curdo dei lavoratori (Pkk) rifugiati nel Paese scandinavo e considerati terroristi da Ankara. Le posizioni però si erano ammorbidite nei mesi scorsi, dopo che la Svezia, per aprire alle richieste di Erdogan, aveva rafforzato le leggi sul terrorismo e analizzato diverse istanze di estradizione. Tanto che nella sua relazione il Parlamento Ue ha anche esortato la Turchia a ratificare l'adesione alla Nato, perché questa «non può dipendere dal processo di adesione all'Ue di un altro Stato», cioè quello turco. Un doppio filo invece ben stretto da Erdogan, che ha rilanciato il veto: «La Svezia non ha rispettato gli impegni presi con la Turchia sulla lotta al terrorismo e quindi ciò che è necessario per entrare a far parte della Nato. L'Occidente continua a dire: Svezia, Svezia, Svezia. Finché il nostro Parlamento non prenderà una decisione, non possiamo dire sì o no. Prima di tutto, la Svezia deve rispettare gli obblighi. Ci dicono che hanno preparato una legge. Ma approvare una legge non basta, bisogna applicarla». A far infuriare il Sultano è stata l'ennesima manifestazione, due giorni fa, a Stoccolma, in cui attivisti hanno dato fuoco a un'immagine del presidente turco. E soprattutto il fatto che la protesta fosse autorizzata dalla polizia: «Permettere ai terroristi di manifestare è contrario ai doveri della Nato». Lo scorso gennaio era stato già convocato l'ambasciatore svedese, con l'accusa alle autorità di non fare abbastanza per impedire le manifestazioni.
Toni non concilianti verso Bruxelles erano già arrivati a stretto giro dal ministero degli Esteri turco, che aveva commentato la relazione dell'Europarlamento come «una collezione di faziosità e pregiudizi basati su disinformazione creata da circoli anti Turchia». Aveva attaccato l'Ue che «mira a portare avanti un'agenda populista che danneggia i rapporti con la Turchia in un momento in cui il dialogo è in corso».
Tensioni che si riversano sugli equilibri internazionali, dove Erdogan gioca il ruolo di interlocutore di peso nell'ambito del conflitto in Ucraina. Oggi all'assemblea Onu incontrerà il segretario generale, Antonio Guterres, per agevolare l'iniziativa sul transito del grano nel Mar Nero.
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