
L'Italia ha il sistema fiscale meno competitivo d'Europa, secondo la classifica stilata da Tax Foundation. Il rapporto annuale pubblicato dal think tank americano si è concentrato sugli Stati membri dell'Unione Europea includendo anche i Paesi dell'Ocse che non fanno parte della Ue ma che tendono ad avere relazioni economiche significative con essa, come Islanda, Norvegia, Svizzera, Turchia e Regno Unito. Ebbene, l'Italia è al trentaduesimo posto, l'ultimo, «a causa delle sue molteplici imposte distorsive sulla proprietà con tasse separate sui trasferimenti immobiliari, sulle successioni e sulle transazioni finanziarie, nonché un'imposta sul patrimonio su asset selezionati». Inoltre, «l'aliquota Iva relativamente alta del 22% si applica a solo il 45% dei consumi, rivelando lacune sia politiche sia di applicazione». Questo sistema è stato ereditato dal governo Meloni che, infatti, ha varato la riforma fiscale continuando la lotta all'evasione riportando nelle casse dello Stato 33,4 miliardi nel 2024. L'obiettivo della maggioranza ora è quello di alleggerire la pressione su una fascia più ampia della popolazione con il taglio dell'Irpef al ceto medio, sostenuta in particolare da Forza Italia, mentre la Lega punta decisa a una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali.
Ma torniamo al ranking del centro studi americano che si è basato su dati aggiornati a luglio 2024 che esaminano 40 variabili di politica fiscale. Queste variabili misurano non solo il livello delle aliquote, ma anche come sono strutturate le tasse (sulle società, sul reddito delle persone fisiche, le imposte sui consumi, le imposte sulla proprietà e il trattamento degli utili realizzati all'estero). L'assunto è che un sistema fiscale ben strutturato è facile da rispettare per i contribuenti e può promuovere lo sviluppo economico, generando entrate sufficienti per le priorità di un governo nonché attirando investimenti. Al contrario, sistemi fiscali mal strutturati possono essere costosi, distorcere il processo decisionale e danneggiare le economie nazionali. Il rapporto cita, inoltre, studi che dimostrano come l'imposta sul reddito delle società (l'Ires in Italia) sia in assoluto la più dannosa per l'economia.
Questa dinamica si applica anche a livello sovranazionale. Mentre il potere di tassare è nelle mani degli Stati membri, «gli obiettivi politici a lungo termine della Ue, come le transizioni verde e digitale, la necessità di una maggiore spesa per la difesa di fronte alla guerra della Russia in Ucraina, saranno costosi e richiederanno entrate governative aggiuntive», viene sottolineato nel rapporto. Aggiungendo che l'Unione dovrà anche affrontare «crescenti pagamenti del debito per il pacchetto NextGenerationEU adottato durante la pandemia». È, poi, «fondamentale progettare la politica dell'Unione tenendo conto delle attuali politiche degli Stati membri per evitare di creare più perdenti che vincitori».
Il sistema fiscale più competitivo, secondo la classifica, è quello dell'Estonia: ha un'aliquota fiscale del 20% sul reddito delle società che si applica solo agli utili distribuiti; ha un'imposta fissa del 20% sul reddito delle persone fisiche che non si applica al reddito da dividendi personali e la sua imposta sulla proprietà si applica solo al valore del terreno, piuttosto che al valore della proprietà immobiliare o del capitale. Infine, ha un sistema che esenta il 100% degli utili esteri guadagnati dalle società nazionali dalla tassazione nazionale, con poche restrizioni.
Medaglia d'argento a Cipro e bronzo alla Svizzera. Mentre tra i meno competitivi, l'Italia è seguita dalla Francia dove il carico fiscale per i lavoratori è tra i più alti ed è «fortemente progressivo, causando elevati costi di efficienza».
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