"Il taglio dei parlamentari? Un errore. Ora servono correttivi e riforme"

Il taglio dei parlamentari è passato, ma ora la situazione delle Camere può essere compromessa in termini di rappresentanza. La battaglia dell'onorevole Simone Baldelli

"Il taglio dei parlamentari? Un errore. Ora servono correttivi e riforme"
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Dice che non è una battaglia "sexy" dal punto di vista elettorale, ma che la democrazia ne ha bisogno: il taglio dei parlamentari sarà realtà dopo la fine di questa legislatura. Gli effetti sono sussurati tra i palazzi romani, magari con qualche timore di certe forze politiche che all'epoca erano più che favorevoli al provvedimento. Ma in generale la politica ne parla a stento. L'onorevole Simone Baldelli, di Forza Italia, è impegnato da tempo sul fronte della riforma istituzionale. Sta cercando di tessere delle soluzioni che possano scongiurare una "crisi di rappresentanza". Baldelli si è schierato, sin da tempi non sospetti, con il fronte del "no". Oggi la disamina del parlamentare si sofferma soprattutto sulle conseguenze dell'esito di quel referendum, oltre che sulle proposte per venire fuori dal guado.

Onorevole Baldelli, il taglio dei parlamentari è ormai realtà. Però non se ne parla ancora. Come mai?

"Il taglio sarà realtà nella prossima legislatura. E le sue gravi conseguenze sul sistema vanno affrontate. Questo, a differenza dell'antipolitica, non è un tema particolarmente forte sui social o sexy sul piano elettorale, ma bisogna pre-occuparsene sin da ora, anche in termini di riforma del Regolamento. Altrimenti domani saranno dolori".

Come evolverà il concetto rappresentanza parlamentare? Lei ha segnalato problemi pure in termini di "funzionalità". In che senso?

"Il Parlamento sarà azzoppato nella rappresentanza, nel senso che avremo ampie zone dove non ci sarà l'eletto dell'opposizione (e non credo si superi con la legge elettorale), e nella funzionalità, nel senso che rischiamo un pericoloso ingolfamento del sistema parlamentare, specie al Senato. Tutte cose che chi ha sostenuto il No al taglio ha detto sin da subito, mentre quelli del Sì promettevano correttivi...".

Senta ma non è che ai grillini, considerati i sondaggi, converrebbe una marcia indietro?

"Forse sì, ma mi interessa poco. A me preoccupa l'idea di un Parlamento debole in una fase di emergenza sanitaria, economica e sociale come questa, con la pandemia e tutto il resto. Dopo tutto questo baccano la vedo dura per il fronte del Sì tornare indietro. Ma non pongo limiti alla provvidenza. Io, però, dopo dieci mesi di silenzio, scelgo la strada della riduzione del danno".

Del voto ai diciottenni per il Senato che ci dice? Letta ne ha fatto una bandiera...

"Oggi le bandiere servono a poco e di solito non premiano. Io, ad esempio, vorrei l'elezione diretta del premier, come per il sindaco o il presidente di regione. Ma mi rendo conto che non c'è spazio. Quindi non ha senso proporla oggi. Il voto ai 18enni non fa altro che dare la stessa platea elettorale a due Camere che già svolgono le stesse funzioni. Riformare la Costituzione una riga per volta mi sembra un modo di procedere piuttosto rischioso e accidentato".

Proposte per uscire dal guado?

"La soluzione più naturale a questo punto sarebbe quella di valutare se fondere le due Camere in un'unica assemblea parlamentare (a diversi piace), con alcune garanzie come le due letture, una commissione affari regionali forte e un sistema di revisione costituzionale più rigido, invece di dividersi su come differenziare le funzioni tra i due rami, o, peggio ancora, invece di non fare nulla. Abbiamo due anni per lavorarci. Serve buona volontà e responsabilità da ogni parte".

Ha anche un piano B?

"Serve una riflessione seria sulle riforme istituzionali ad ampio raggio, anche sul procedimento legislativo.

Se questo parlamento, massacrato dalle cattive prassi che si consolidano, dalla crisi degli schemi di gioco, dalle conseguenze del taglio dei parlamenrari, dalla capricciosa fluidità della social-politica, non fosse in grado in due anni di riformare se stesso, allora avrebbe senso creare le condizioni per eleggere insieme al prossimo parlamento un'assemblea redigente che, in un tempo prestabilito di 2 o 3 anni, sottoponga un testo di riforma costituzionale al paese, attraverso un referendum popolare. La butto lì, chissà che a qualcuno l'idea non piaccia...".

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