Errori e prove mancanti: processo Becciu a rischio

Non c'è l'interrogatorio di monsignor Perlasca. La difesa: "Citazione nulla, atti non depositati"

Errori e prove mancanti: processo Becciu a rischio

Il processo del secolo in Vaticano potrebbe finire ancor prima di cominciare. E tutti gli imputati, dieci, tra cui il cardinale Angelo Becciu, sarebbero liberi di tornare a casa senza più accuse pendenti sulla testa. Il colpo di scena potrebbe avvenire questa mattina, nell'aula del Tribunale Vaticano: sarà il presidente, Giuseppe Pignatone, a render nota la decisione della corte sulla nullità o meno del decreto di citazione in giudizio degli imputati.

Da un lato la volontà di Papa Francesco di far luce sugli scandali finanziari che hanno coinvolto la Santa Sede, soprattutto nel caso della compravendita dell'ormai famoso palazzo di lusso a Londra, dall'altro, però, una serie di questioni burocratiche ancora non risolte da luglio e che mettono a rischio il prosieguo delle udienze. Gli avvocati difensori, ieri in udienza, hanno chiesto l'annullamento «per omesso deposito degli atti»: a dire dei legali, i promotori di giustizia si sono rifiutati, per motivi di privacy, di depositare, entro il 10 agosto, il materiale mancante, in particolare la testimonianza registrata in video di monsignor Alberto Perlasca, uomo chiave nel processo, che ha ricoperto fino al 2019 il ruolo di responsabile dell'ufficio amministrativo della Segreteria di Stato. Il prelato era stato sentito cinque volte, due come indagato e tre come persona informata dei fatti. Sulla questione sono intervenuti Alessandro Diddi, promotore di giustizia aggiunto e lo stesso Pignatone. «Non abbiamo detto che non vogliamo dare i video, ma abbiamo chiesto la possibilità di tutelare la riservatezza di terzi», ha detto Diddi alle difese. Il presidente del Tribunale, però, ha sottolineato che la difesa deve avere a disposizione tutti gli atti (300 dvd per una spesa di quasi 371mila euro) e che, in riferimento a quelli sintetizzati, dovevano essere espunti prima della citazione in giudizio. Oltre agli atti mancanti, alcune difese hanno sollevato anche un'altra eccezione e cioè che alcuni dei loro assistiti non sono stati interrogati durante la fase istruttoria del processo. Lo stesso Diddi, all'inizio dell'udienza di ieri, ha avanzato, infatti, una richiesta definita da lui stesso «sorprendente»: la restituzione degli atti processuali, oltre 29mila documenti, all'Ufficio del Promotore. In pratica far ripartire da zero il processo e procedere «con il corretto interrogatorio degli imputati». L'accusa, a tal proposito, ha voluto precisare che «non si vogliono calpestare i diritti alla difesa e che questo è un modo per venire incontro alle richieste sollevate in aula dai difensori».

Diddi ha puntato il dito anche contro i media, denunciando «attacchi violenti a questo Ufficio e al Tribunale», riferendo di alcuni articoli ed editoriali secondo cui «c'è una sentenza di condanna già scritta e che ci sarebbero prove false».

Pignatone ha voluto subito puntualizzare: «È irrilevante ciò che esce dai media, contano gli atti e la loro completezza che ancora non c'è», evidenziando di fatto che la sua richiesta di depositare tutti gli atti, avanzata a luglio all'accusa durante la prima udienza, non è stata ancora soddisfatta.

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