Esecuzione o farsa: scompare l'ex cuoco che ha tradito Putin credendosi intoccabile

Esattamente due mesi fa il tentato golpe a Mosca. La parabola del mercenario che ha pensato di potersi ribellare a chi l'ha creato e arricchito: vivo o morto, ora esce di scena

Esecuzione o farsa: scompare l'ex cuoco che ha tradito Putin credendosi intoccabile
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Punito e abbattuto a due mesi esatti dalla tentata marcia su Mosca o protagonista dell'ennesimo surreale gioco di ruolo? Una cosa è certa quando c'è di mezzo Yevgeny Prigozhin le verità non sono mai tali. Quindi, benché i suoi lo diano già per morto, le voci secondo cui lui e il comandante militare della Wagner Dimitri Utkin fossero a bordo di un secondo jet atterrato all'aeroporto di Mosca non possono esser escluse. Sarebbe solo l'ennesima surreale piroetta di un uomo creato da Vladimir Putin per gestire prima le guerre segrete sulla rete e poi quelle, più reali e sanguinose, combattute dalla Russia oltre i propri confini. Un ruolo in cui Prigozhin ha progressivamente perso il senso della realtà pensando di potersi opporre e rivoltare contro il proprio demiurgo. A generare la confusione fatale di un ex-ristoratore trasformato in apprendista condottiero hanno contribuito probabilmente gli orrori del campo di battaglia di Bakhmut. Lì l'ex-cuoco di Putin si era illuso di aver forgiato la propria metamorfosi.

Ma se è facile gestire decine di «troll» sugli effimeri sentieri di internet e social ben più difficile è vivere nel cuore di una battaglia tra cumuli di morti ed esplosioni delle granate. Come un qualsiasi soldato sopravvissuto troppe volte al fuoco nemico Prigozhin si è illuso di esser non solo immune dai pericoli, ma anche dal controllo di chi lo manovrava. Come un burattino in fuga dai propri fili Prigozhin ha scordato un passato da ladruncolo di appartamenti a Pietroburgo seguito dopo la scarcerazione dal riscatto - commerciale sociale e militare - garantitogli da Vladimir Putin. Dopo la ristorazione dei potenti e le guerre su internet erano arrivate quelle, meglio pagate, in un'Africa e in un Medioriente ritornati nel collimatore di Mosca. In Siria l'incarico era semplice. Gli uomini di Prigozhin reclutati tra le ex-forze speciali dell'intelligence militare dovevano condurre la guerra e morire al posto dei soldati veri evocando il miraggio di una guerra priva di caduti e di sofferenze. Ma come succedeva con l'americana Black Water in Iraq armi, soldi e dotazioni provenivano, alla fine, sempre dallo stesso quartier generale. I successi siriani accompagnati dalla morte - ammessa recentemente - di molte migliaia di mercenari sono stati il trampolino per l'Africa.

Prima la Libia dove bisognava garantire le concessioni petrolifere concordate a suo tempo con il colonnello Gheddafi, poi la Repubblica Centrafricana e il Mali dove gli uomini della Wagner fermavano nemici interni e fondamentalisti in cambio di materie prime. Infine l'Ucraina. Prigozhin ci arriva nella primavera del 2022 quando riceve l'incarico di lanciare la prima offensiva su Popashne, Severodenetsk e Lisychansk. Subito dopo è la volta della missione fatale assegnatagli con la mediazione di Sergei Surovikin, il generale «apocalisse» sostenitore dei wagneristi fin da quando comandava le operazioni in Siria. Surovikin nominato ad ottobre comandante delle operazioni in Ucraina (e guarda caso estromesso proprio ieri dal comando delle forze aerospaziali) affida a Prigozhin l'operazione «tritacarne» ovvero l' assedio della strategicamente inutile Bakhmut al solo scopo di tener impegnate le forze ucraine. Mentre Volodymyr Zelensky cade nel tranello sacrificando i propri uomini nell'inutile difesa i russi preparano la triplice linea di difesa su cui si sta schiantando la controffensiva di Kiev.

Ma nell'orrore di Bakhmut anche Prigozhin perde la trebisonda. Si convince di essere il principale protagonista dei giochi militari del Cremlino e di potersi sostituire a Sergei Shoigu, il ministro della Difesa al fianco di Putin da oltre vent'anni. L'allucinazione finale, inseguita subito dopo la presa di Bakhmut, è la convinzione di potersi ribellare a chi l'ha creato arricchito e armato. Poteva forse salvarsi con l'esilio in Bielorussia.

Invece è tornato a giocare le sue carte lanciando un video in cui annunciava il ritorno sui fronti africani. Ma il suo tempo era già scaduto. E ieri, a due mesi esatti dalla tentata marcia su Mosca, gli è stato ricordato che il tradimento si paga con la morte. O, se gli è andata bene, con la definitiva sparizione dalle scene.

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