Esercito in difficoltà, Shoigu va al fronte. E la Nato: "Tra i russi già 200mila morti"

Strategie suicide e lotte intestine per il comando: il ministro della Difesa visita (e premia) i militari per mascherare le difficoltà

Esercito in difficoltà, Shoigu va al fronte. E la Nato: "Tra i russi già 200mila morti"

Una sinistra coincidenza ha fatto cadere nella stessa giornata una delle rarissime visite al fronte del ministro russo della Difesa (ma sarebbe più corretto dire della Guerra) Sergei Shoigu e il resoconto di fonte Nato sull'enorme numero di vittime russe in questo anno di invasione dell'Ucraina. Il responsabile politico della cosiddetta «operazione militare speciale» ordinata da Vladimir Putin il 24 febbraio 2022 ha raggiunto un settore imprecisato del fronte del Donetsk per condurre un'ispezione ai comandi e consegnare un po' di medaglie. Ai soldati decorati, Shoigu ha ricordato che «c'è ancora molto lavoro da fare» e ha augurato di ritornare sani e salvi a casa. Augurio che stride con i numeri pazzeschi delle perdite russe resi noti dal generale americano Christopher Cavoli, comandante supremo delle forze armate Nato in Europa: più di duecentomila tra morti e feriti, tra i quali 1800 ufficiali.

La carneficina subita dall'esercito di Putin continua giorno dopo giorno. Secondo fonti ucraine solo nella giornata di venerdì i caduti russi sarebbero stati 820, in gran parte nel corso dell'assalto alla cittadina di Bakhmut, che resiste tra crescenti difficoltà da oltre sei mesi. È questo il frutto terribile della tattica «staliniana» delle ondate umane: i russi si riversano contro le difese ucraine in maniera incessante contando sulla superiorità numerica di uomini e dell'artiglieria. Il valore della vita dei loro militari è bassissimo per chi li comanda: molti sono mercenari del Gruppo Wagner, che ne ha arruolato buona parte nelle carceri russe, gente che non ha niente da perdere e che è abituata alla ferocia. Molti altri sono i mobilitati dei mesi scorsi, alla cui qualità militare mediamente scadente i comandanti ovviano usandoli come carne da cannone.

Ma c'è di più. Un problema centrale per le forze di Putin è la rivalità tra esercito regolare e milizie. Il Cremlino è arrivato a ordinare di silenziare sui media controllati dallo Stato (ormai quasi tutti) le notizie relative al capo di Wagner, quello Yevgeny Prigozhin che si è spinto ad accusare i vertici militari di boicottare i suoi mercenari ostacolando i rifornimenti di munizioni. La rivalità tra Prigozhin e il numero uno dell'esercito russo Andrei Gerasimov è talmente notoria da aver fatto parlare diversi analisti dell'ambizione del primo di prendere il posto del secondo, e forse perfino quello di Putin, nel lungo termine. Ecco allora che la visita di Shoigu al fronte ucraino può essere letta come un tentativo di mettere le cose al loro posto. Di ricordare a tutti chi comanda.

Resta però il fatto che la campagna militare russa in Ucraina nel suo complesso ha le caratteristiche di un fallimento. L'attacco iniziale sulla capitale Kiev, che avrebbe dovuto concludersi in pochi giorni già un anno fa con la caduta del presidente Zelensky e l'installazione di un regime fantoccio filorusso, si è concluso con un'umiliante ritirata scandita dalla strage del meglio delle truppe d'assalto russe all'aeroporto di Hostomel e dalla perdita di centinaia di carri armati e blindati miseramente impantanati.

L'offensiva nel Donbass, in corso da nove mesi, è praticamente ferma sulla stessa linea da sei, e Putin impone il sacrificio di migliaia di suoi uomini ogni settimana solo nel tentativo di prendere Bakhmut. E dopo la riconquista ucraina di Kherson presto potrebbe partire una controffensiva nel sud che punta a isolare la Crimea occupata dal 2014.

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